Usura ed estorsione: le intercettazioni
tra il funzionario di banca e Califano

Squadra Mobile Viterbo
di Alessia Marani
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Sabato 22 Giugno 2013, 13:23
VITERBO - Venerd gli interrogatori di garanzia dei due arrestati per usura ed estorsione.


L'INTERROGATORIO DAVANTI AL GIP

Daniele Califano si è avvalso della facoltà di non rispondere. Antonio Pasquini, il funzionario di banca, invece si è difeso a spada tratta. Per bocca del suo legale, Massimo Boni, si dice convinto di avere chiarito la sua posizione. «Soprattutto il mio assistito ha peccato di troppa disponibilità in virtù di un’amicizia di famiglia di lunga data con Califano», spiega il legale.

«Dimostreremo - aggiunge Boni - che Pasquini non ha mai percepito soldi. Che il suo tenore di vita è quello garantito dal suo stipendio, come emerge dai conti correnti». Sull’istanza di scarcerazione, il gip s’è riservato di decidere dopo avere sentito il pm, Fabrizio Tucci.





SETE DI SOLDI

Per gli inquirenti, invece, a spingere Pasquini a divenire complice di Califano sarebbe stata la sete di soldi, tanto da arrivare in un caso a esigere 2000 euro dai parenti di un usurato, anche se non ve n’era una reale ragione. E poi le vacanze, le auto. E i contatti e le telefonate tra i due intercettate dagli investigatori. Da cui emergerebbe la cura con cui il bancario si preoccupava di informare Califano sui movimenti economici delle vittime. Come nel caso di un decreto di ingiunzione che arriva improvvisamente in banca a un commerciante ”strozzato” a cui poi chiederanno di vendere la casa.



LE INTERCETTAZIONI

Eppure, a proposito di Pasquini, l’ordinanza di custodia evidenzia come il suo ruolo «non si esaurisca nell’avvicinamento delle potenziali vittime». Come emergerebbe da alcune intercettazioni. Pasquini chiama Califano: «Mi ha chiamato X, l’ho cazziato di brutto, sono stato direttissimo (...) sennò la casa di Procida gliela soffiamo». Poi c’è Califano che chiama la parente di una vittima: «(...) I soldi glieli ho prestati perché Tonino si è messo in mezzo».



L’estorsione invece si riferirebbe a 7mila euro pretesi dal commerciante usurato solo per differire il suo debito, lievitato da 35mila euro a quasi 70mila. Infine, vi sarebbe anche un tentativo di inquinare le prove. Raggiungendo con un’email il commerciante riparato in Romania, Pasquini gli avrebbe suggerito una versione di comodo davanti alla polizia. «Macché, è il contrario - controbatte Boni - si tratta di un fax in cui Pasquini lo supplica di dire tutta la verità alla polizia, proprio perché lui non c’entrava niente».
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