Teatro Unione, Antoniozzi (Viterbo 2020): «Riprendiamo la gestione, subito 80 alzate di sipario»

Teatro Unione, Antoniozzi (Viterbo 2020): «Riprendiamo la gestione, subito 80 alzate di sipario»
di Massimo Chiaravalli
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Martedì 15 Febbraio 2022, 07:10 - Ultimo aggiornamento: 15:26

«Ci riprendiamo il teatro Unione e facciamo noi le alzate di sipario». E il museo? «Lo faremo esplodere: lo mandiamo in cinque sedi». E poi alla città serve una narrazione, possibile con cinque figure di donne. Perché ciò che abbiamo «va monetizzato». Signori, l’assessore alla cultura in pectore di Viterbo 2020, Alfonso Antoniozzi. A mancare ancora però è il candidato sindaco, perché Chiara Frontini ancora non ha sciolto la riserva.

Ecco il nuovo slogan, con cui è tappezzata la città: «E’ ora». Di cosa? «Di parlare di contenuti, partendo dalla cultura con Alfonso. E’ possibile creare nuovi posti di lavoro: a Matera, città della cultura, per 49 milioni investiti, 91 sono stati quelli di indotto creato. Significa più 10 per cento di occupazione. Viterbo deve ambire a fare altrettanto». E dunque entra in scena Antoniozzi. «L’assessore alla cultura – spiega - non è un impresario ma un coordinatore, orientatore, facilitatore dei processi culturali della città».

Queste alcune idee: creazione di centri culturali anche negli ex comuni, spazi comunali in comodato gratuito o affitto simbolico a gruppi di associazione che presentino un progetto credibile per la gestione.

E il pezzo forte: «L’Unione ce lo riprendiamo: torna in gestione diretta del Comune – continua Antoniozzi - con l’intenzione nel breve periodo di fare 80 alzate di sipario e nel lungo 120, se non 150. Creeremo una stagione classica, altre di teatro sperimentale, amatoriale, sociale e per ragazzi. Le alzate vanno poi presentate al fondo unico per lo spettacolo per avere finanziamenti dal ministero».

Ce n’è anche per il teatro romano di Ferento, che «sarà la stagione estiva dell’Unione. Abbiamo infine un progetto quinquennale che passa dagli etruschi alla Viterbo longobarda, quella dei Farnese, rinascimentale, di Sebastiano del Piombo, dei templari. Ma va raccontata tramite cinque donne: Galiana, Rosa, donna Olimpia, Giulia Farnese e Giacinta Marescotti. Con la cultura si può creare lavoro – conclude – e si può monetizzare: investiremo fette sostanziose del bilancio».

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