Spedizione punitiva per debito di droga, nessuno sconto di pena

Sentenza
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Venerdì 18 Giugno 2021, 06:45 - Ultimo aggiornamento: 21:37

Spedizione punitiva a suon di calci e pugni per indurre un trentenne a saldare un debito di droga, definitiva la condanna per Alessandro Serafini, 29enne romano. L’imputato a maggio 2018, insieme ad altre quattro persone, si sarebbe presentato a casa di trentenne di Caprarola per farsi consegnare 18mila euro. Debito che la vittima, parte civile assistita dall’avvocato Mara Mencherini, avrebbero avuto con il gruppo. Un regolamento di conti in piena regola che spedì il ragazzo di Caprarola al pronto soccorso.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri della compagnia di Ronciglione, i cinque alle 3 della notte sfondarono la porta di ingresso dell’abitazione della vittima. Il ragazzo fu aggredito con calci e pugni e poi gli furono portati via 200 euro e un cellulare. La spedizione punitiva proseguì con minacce di ulteriori conseguenze se non avesse saldato il debito di 18.000 euro, dovuto a precedenti acquisti di sostanza stupefacente. La vittima, per sfuggire alla violenza dei cinque, si rifugiò nell’abitazione di una vicina che allertò i carabinieri. Le indagini permisero di identificare tre dei cinque ventenni che parteciparono alla rapina tra cui Alessandro Serafini che fu condannato - per i reati di rapina aggravata, lesioni e danneggiamento - in primo grado a 3 anni e mezzo di reclusione Condanna confermata il 15 maggio 2020 dalla Corte d’Appello e nei giorni scorsi dalla Cassazione.

A richiedere l’intervento della Suprema Corte è stato il difensore dell’imputato che aveva chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, non solo secondo la difesa dell’imputato nel computo della sentenza non sarebbero state conteggiate tutte le attenuanti del caso. «Il calcolo effettuato - ha spiegato l’avvocato in Cassazione - è errato e gli imputati avrebbero potuto usufruire di un trattamento sanzionatorio più favorevole».

I supremi giudici emettendo sentenza ha bocciato il ricorso, ritenendolo infondato sia nella parte del trattamento sanzionatorio sia nel calcolo della pena. «Il calcolo - ha spiegato la Cassazione nella sentenza - della pena preposto dalla Corte d’Appello è corretto e conforme poiché è stata applicata l’aggravante privilegiata e le attenuanti sono state ritenute assorbite nel giudizio di equivalenza, sicché non è stata effettuata alcune riduzione ulteriore».

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