Sentieri non indicati, niente cestini, scarsi collegamenti: la dura vita del turista a Viterbo

Sentieri non indicati, niente cestini, scarsi collegamenti: la dura vita del turista a Viterbo
di Simone Lupino
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Lunedì 31 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 19:55

“Vietato lasciare in giro qualsiasi tipo di rifiuto”, avvertono i cartelli nel parcheggio davanti a Ferento. Peccato che poi nel piazzale esterno non si trovi neanche un cestino per gettare la carta del panino appena mangiato o la bottiglietta d'acqua vuota. Il turista rispettoso porta via i rifiuti con sé, l’incivile invece interpreta la mancanza come attenuante.
Pienone di visitatori in città per il ponte di Ognissanti. Già alla vigilia. Vengono per ammirare San Pellegrino e il palazzo dei papi. Ma attratti anche dalle bellezze archeologiche e naturalistiche che Viterbo offre. Siti che però risultano spesso male attrezzati (niente piste ciclabili e percorsi a piedi) o difficili da raggiungere: i cartelli con le indicazioni sono vecchi e in alcuni casi addirittura fuorvianti.
Arrivare alla cascata dell’Acquarossa ad esempio è una impresa che si compie per tentativi. Il primo, seguendo il cartello davanti a un sentiero che termina però in un campo incolto. E’ a questo punto che, disorientati, si è quasi tentati di raggiungere la cascata attraverso sentieri scoscesi tra la vegetazione, seguendo il rumore dell’acqua. Fermatevi. In realtà quella è la strada per finire all'ospedale se non fate attenzione a dove mettete i piedi.
Dirigendosi invece verso l’ingresso riconoscibile del percorso archeologico i turisti troveranno un enorme cancello chiuso con catena e lucchetto. In realtà la strada per la cascata è un sentiero a mala pena riconoscibile tra i campi, che si decide di percorrere per non tornare a casa con il rimpianto di non averle tentate tutte.
Più facile recarsi a Ferento, anche perché c’è l’autobus. Sulla carta. La Francigena infatti non lascia i turisti nei pressi dell’antica città romana, ma sulla Teverina, dove, scendendo, la prima cosa che vedranno davanti a loro è l’impianto di trattamento rifiuti. Da qui poi devono procedere a piedi, per un lungo tratto di strada asfaltata senza marciapiede e piena di buche. Per l’area archeologica non esistono collegamenti diretti o navette speciali. Se non il taxi. Sul piazzale, il “benvenuti a Ferento” è un vecchio cartello mangiato dalla ruggine, con la scritta che appena si legge.
Per fortuna la visita del sito archeologico – aperto anche in questi giorni di festa grazie ai volontari di Archeotuscia - è tutta altra cosa. I quattro pannelli illustrativi apposti dall'associazione con il supporto della Fondazione Carivit accanto ai luoghi più significativi nell'area archeologica consentono ai visitatori di conoscere nei dettagli l'origine e la storia i singoli monumenti. Con notizie in italiano e inglese.
Altra tappa obbligata è la necropoli etrusca Castel d’Asso, dove anche l’autobus è un miraggio. Ci si arriva bene però seguendo i cartelli nuovi, al posto di quelli vecchi sbiaditi, donati un anno fa sempre da Archeotuscia.

A tre chilometri lungo la strada una indicazione con la sagoma di un ciclista, che però inganna: di piste ciclabili o percorsi ad hoc niente. L’ingresso non è degno sicuramente dell’importanza del sito. Un parcheggione di terra, crateri e pannelli turistici senza pennelli. Solo la cornice. Anche in questo caso è la visita sito, pulito e curato, che ripaga il turista.

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