Sempre meno neve e piogge concentrate, l'allarme del Cemer: "Tuscia come l'Algeria, ecco cosa ci aspetta"

Sempre meno neve e piogge concentrate, l'allarme del Cemer: "Tuscia come l'Algeria, ecco cosa ci aspetta"
di Renato Vigna
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Sabato 18 Marzo 2023, 09:24

“Neve a bassa quota rara, in montagna solo in poche occasioni, piogge concentrate in pochi giorni ed estati con intense ondate di calore e terreni aridi. Una definizione di clima mediterraneo più consona a quella dell'Algeria settentrionale. Ci siamo arrivati senza neanche accorgercene”. È uno scenario allarmante quello descritti dagli specialisti del Cemer, il Centro meteo per l’Etruria e Roma. Il cambiamento climatico c’è e si vede, anche guardando a ciò che avviene negli ultimi anni nella Tuscia.

“L'inverno meteorologico è finito ed è tempo di primi bilanci: da Villa san Giovanni in Tuscia e in generale dall'area cimina sudoccidentale – ricordano dal Cemer - giungono notizie del quinto inverno di fila senza neve con accumulo sotto i 400 metri. L'ultima fu nel 2018, evento estremo che riportò la neve a Roma”. Per gli studiosi di tratta di uno dei periodi più avari di neve da secoli, dall'inizio della piccola era glaciale. “Negli anni 2000, passarono al massimo 3 anni per avere un'imbiancata con episodi il 2002, 2005, 2008, 2009, 2010, 2012, 2013, 2015, 2017, 2018, mentre negli anni ‘90 si verificarono le nevicate del ‘91 e del ‘96”, raccontano. Andando ancora a ritroso nel ‘900 gli studiosi sottolineano non si hanno più notizie sufficienti per la Tuscia, ma ci sono invece per Roma: nella capitale infatti fino al 1986 la neve arrivava ogni 2-3 anni ad eccezione dei già avari anni ‘70. Tornando ancora più indietro nel tempo, almeno fino agli inizi del '700 “la nevosità di Roma sale ancora". E se nevicava lì, figuriamoci sulle colline viterbesi”. Il responso? “Mai così male. E da quelle parti del Viterbese la neve fino in bassa collina è ormai relegata quasi solo agli eventi estremi, come per Roma”.

Intanto, marzo evolve verso temperature decisamente miti. “Le vicende climatiche del mese in corso non sono dissimili da altre del passato ma l'esito è decisamente diverso.

Tante persone continuano però – rimarcano dal Cemer - a fare l'errore di effettuare paragoni col passato, utilizzando regole empiriche per capire l'evoluzione della circolazione atmosferica che non tengono conto del fatto che ci troviamo con temperature medie globali sempre più alte. Le perturbazioni atlantiche sono accompagnate da temperature sempre più alte e nevica difficilmente persino sotto i 2000 metri”.

E lo spettro di una stagione estiva sempre più arida è più che concreto. “Molti si stanno augurando almeno il ritorno della pioggia per combattere la siccità, ma se non lo fa con temperature basse gli effetti benefici si limitano a periodi brevi perché il ruolo della neve in montagna - ricordano - è quello di fungere da serbatoio d'acqua che viene gradualmente rilasciata durante la stagione estiva. Senza freddo e neve in montagna, pagheremo sempre il problema delle falde svuotate”. Anche perché i terreni non trovano giovamento da accumuli ingenti in poche ore: quell'acqua ritorna in gran parte al mare. 

Ma non è finita. “È probabile – è l’allarme  lanciato -  il ritorno di un fenomeno climatico tipico delle acque tropicali del Pacifico, il cosiddetto El Niño, che consiste in un riscaldamento di una vasta porzione d'oceano. Quando si verifica questo fenomeno, se intenso, una gran quantità di calore viene rilasciata in atmosfera. In autunno ne conosceremo l'entità. Un evento di intensità paragonabile a quello del 2015 porterebbe il futuro 2024 ad essere caldissimo, con temperature eccezionali che mai nessuno vorrebbe augurarsi”. La conclusione è amara: “Siamo davvero in tempo per fermare la crisi climatica? Il 2022, col suo inverno inesistente e la sua estate eccezionale, potrebbe essere stato solo l'antipasto”, chiosano.

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