«Se mi lasci ti uccido e poi mi sparo in bocca»

Un'aula di Tribunale
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Mercoledì 3 Febbraio 2021, 07:05

Si chiude nella camera con la moglie e minaccia di compiere un omicidio - suicidio.
E’ finito alla sbarra, davanti al collegio del Tribunale di Viterbo, per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale un vigilantes che per anni avrebbe picchiato e umiliato la compagna. L’imputato è difeso dall’avvocato Giovanni Labate, la donna parte civile nel processo è assistita dall’avvocato Luigi Mancini. 
A raccontare le minacce e gli scatti d’ira proprio la donna che ha denunciato l’uomo nel 2017.
«Ci siamo conosciuti nel 2007 - ha detto davanti al collegio - e dopo due anni ci siamo sposati. Io avevo già un figlio e dopo il matrimonio sono nate due bambine. All’inizio è stato tutto perfetto. I dissapori tra noi sono iniziati nel 2012, dopo la morte della madre».
L’uomo in seguito al grave lutto avrebbe avuto scatti di ira improvvisi e cambiamenti di umore.
«E’ come se si fosse scatenato qualcosa in lui - ha detto ancora - cambiava e erano frequenti i suoi scoppi di rabbia. Mi insultava e mi prendeva a calci. Mi diceva che grazie a lui la mia condizione era migliorata. Ma non era vero. Io non ho mai fatto nulla per meritarmi quelle cose».
Ad aggravare la situazione sarebbero stati anche i tradimenti dell’imputato.
«Dopo la nascita della nostra ultima figlia ha avuto una relazione extraconiugale - ha spiegato -, era diventato spavaldo e per spaventarmi mi mostrava l’arma che aveva per lavoro. Diceva “io ho una pistola”, come fosse una minaccia».
La donna nel corso degli anni, e dopo i frequenti tradimenti, inizia a maturare l’idea di lasciare il marito. Anche se non confessa a nessuna della pesante situazione in casa.
«Non dicevo nulla - ha detto ancora - perché avevo paura. Mi diceva che se lo lasciavo si sarebbe sparato. Mi faceva sentire in colpa, ripeteva ai nostri figli che il matrimonio era rovinato per colpa mia». La situazione precipita nell’estate del 2017. La donna vuole lasciarlo e prova ad andarsene di casa.
«Quel giorno mi ha afferrata per il collo mentre scendevo le scale - ha affermato - e mi ha riportato a casa. Era fuori di se, c’era anche il fratello che non riusciva a calmarlo. Poi mi ha chiuso con lui nella camera da letto e diceva che se lo lasciavo mi avrebbe ucciso e poi sarebbe sparato in bocca. Ho tentato di calmarlo e lui per tutta risposta ha preteso un rapporto sessuale. L’ho assecondato anche se non volevo, aveva una pistola e io molta paura». La donna riesce a chiudere la storia solo dopo la denuncia a carabinieri, denuncia che porta via l’arma all’imputato.
A raccontare la storia anche il fratello della vittima. «Non ho saputo quello che succedeva fino al giorno della denuncia - ha spiegato - ma sapevamo dei tradimenti e più volte siamo intervenuti nei litigi».
Alla prossima udienza, il 14 settembre, saranno ascoltati i testimoni della parte civile e della difesa.

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