«Se non guadagnavo abbastanza mi picchiava. Mi denudava e ispezionava per paura che nascondessi i soldi». Schiava e prostituta, senza possibilità di chiedere aiuto né di scappare. La storia della ventenne romena “liberata” dai carabinieri del Nucleo investigativo di Viterbo è quella di tantissime altre ragazze straniere, attirate con l’inganno di un lavoro in Italia e finite sul marciapiede sfruttate da uomini e donne senza scrupoli. «Ero a Londra a lavorare e il mio ragazzo mi disse se volevo andare con lui in Italia, a Roma. Qui, mi disse, conosceva una donna e potevo lavorare da lei. Avrei dovuto fare le pulizie».
La ragazza accetta e arriva nella capitale. Il giorno dopo il fidanzato (che non è stato ancora identificato dagli investigatori) se ne va e per lei inizia l’incubo. La signora della casa le fa capire immediatamente che per vivere doveva prostituirsi e i soldi avrebbe dovuti darli tutti a lei perché era stata venduta, per 10mila euro, dall’uomo che credeva essere il fidanzato». La ventenne è stata costretta a prostituirsi ogni giorni da luglio a ottobre 2019, a qualsiasi ora e se provava a ribellarsi veniva picchiata regolarmente.
«Mi hanno confiscato la carta d’identità e dato un telefono senza credito solo per ricevere le telefonate. Ogni giorno andavo a prostituirmi in autobus. Tornavo con 350-500 euro. Le prestazioni venivano pagate dai clienti 30 o 50 euro se erano in macchina, 350 euro se mi portavano in hotel».
A lanciare l’allarme e a far partire le indagini sul caso è stata la madre della giovane, residente a Tuscania, che non avendo più notizie della figlia si è rivolta ai carabinieri. Quattro le persone finite in manette, inchiodate da testimonianze e intercettazioni telefoniche e ambientali. La prima accusata è la donna, una 43enne romena, che sfruttava 9 ragazze straniere che vivono e si prostituivano nel suo appartamento e i tre uomini, albanesi e romani, che si occupavano della “sicurezza” delle ragazze e dello spaccio sia verso clienti esterni sia per le 9 donne che gestivano.
«Prima di andare al lavoro - hanno raccontato agli investigatori - ci facevano bere e sniffare cocaina». I 4 infatti non avevano come unica attrita lo sfruttamento della prostituzione ma anche lo spaccio nella capitale. «Incessante l’attività di smercio di stupefacenti - ha scritto il gip nell’ordinanza -. Gli indagati sono in grado, in modo esaustivo e continuativo, di evadere le richieste del mercato. Arrivando a un volume di affari di 1.500 euro al giorno».