Fallimento cartiera di Canino, il processo. «Gestione non oculata e non all'altezza»

Tribunale
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Mercoledì 27 Aprile 2022, 11:46

«Una gestione non oculata e non all’altezza hanno causato il fallimento dell’azienda». Ancora guai per la cartiera Pontesodo di Canino. Ieri mattina davanti al collegio del Tribunale di Viterbo è ripreso il processo all’amministratore delegato dell’azienda del periodo 2013-2014, accusato di fallimento e di aver omesso di tenere scritture contabili prescritte dalla legge nell'anno precedente il fallimento e in particolare per il 2014. A spiegare cosa successe in quel delicato momento il curatore fallimentare.

«La contabilità - ha affermato - non era regolare, mancava tutta quella relativa al 2014. L’anno prima del fallimento. Vantava crediti per 4 milioni non veritieri. E anche gli immobili non erano di proprietà. Durante le operazioni di inventariato vennero elegante 900 balle di carte dal valore di 45mila euro, così si legge dal verbale di pignoramento, ma non vennero mai trovate. Custode era stato nominato proprio l’amministratore delegato».

La cartiera Pontesodo fallì nei primi mesi del 2015, dopo turbolenti anni in cui fu accusata da associazioni ambientaliste di essere diventata una “bomba ecologica” per l’ambiente.

E per questa ragione fu condannato a quattro mesi e tremila euro di multa con sospensione della pena il legale rappresentante del sito tra il 2013 e il 2014. «Dalla lettura dei documenti contabili - ha spiegato ancora il curatore - non sono emersi atti impropri commessi dall’amministratore. Il fallimento è stato sicuramente frutto di affari andate male, di clienti non avrebbero saldato il conto. Era sicuramente un periodo difficile per tutte le carriere dovuto ai costi energetici elevatissimi e a una remunerazione non adeguata. Tutto questo sommato a una gestione non oculata e non all’altezza».

Si torna in aula il 4 ottobre per la discussione.

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