Pier Paolo Pasolini ovvero una lunga e appassionata fedeltà alla Tuscia. Ai suoi mirabilia storico-artistici e ai suoi “paesaggi più belli del mondo”. Scelti di volta in volta, o per dettare poesie (in italiano e in friulano), o per girare film, o per scrivere l’ultimo romanzo (il postumo “Petrolio”, 1992).
Cent’anni dalla nascita del poeta-scrittore-regista (Bologna, 5 marzo 1922) possono rappresentare l’occasione di una celebrazione che valga anche per promozione cultural-turistica del Viterbese attraverso i set delle pellicole pasoliniane.
L’esordio, in ordine cronologico, fu a Chia, scoperta da Pasolini nella primavera del 1964, quando cominciò a mettere mano al “Vangelo secondo Matteo”. «Le prime inquadrature girate – ha ricordato Enzo Siciliano nella biografia del poeta, 1978 – furono quelle del battesimo di Gesù e il Giordano venne ‘trovato’ fra Orte e Viterbo in una fessura scavata da un torrente in mezzo alle rocce aspre e selvagge”. Il che gli permise di scoprire la torre di Chia di cui letteralmente si innamorò». Acquistata nel 1970, divenne «la casa dei suoi estremi ritiri, sotto un rudere medievale dall’aria solitaria e inaccessibile». E fu proprio nel casottino-studio antistante la torre che Pasolini abbozzò “Petrolio”,
Nel 1966, Tuscania, con la basilica romanica di San Pietro e le rovine del Castello del Rivellino, divenne quinta ineguagliabile di “Uccellacci e Uccellini” con Totò e Ninetto Davoli.
Ma nella produzione per immagini di Ppp va citato il cortometraggio televisivo “La forma di Orte”: una denuncia degli oltraggi edilizi inflitti al centro della Teverina, «un tempo frugalmente – sottolineò il grande filologo Gianfranco Contini - ma nobilmente compatto nella sua pensilità rupestre: un campione dunque dell’ideale bellezza italiana secondo Pasolini, povero, genuino, assoluto, ai limiti del deserto e dell’arsione vulcanica. Mi dicono che questo canone valga anche per il castello che Pasolini si era scelto nel piccolo centro di Chia».