Pane, lievitano i costi anche per la guerra: «Ma qui il prezzo è sotto la media nazionale»

Pane, lievitano i costi anche per la guerra: «Ma qui il prezzo è sotto la media nazionale»
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Venerdì 4 Marzo 2022, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 14:50

Guerra e pane. Non bastava l’aumento del costo della farina. Poco dopo è arrivato quello di luce e gas. E adesso il granaio d’Europa, l’Ucraina, è sotto le bombe russe. Proprio sul grano la borsa merci di Chicago ha fatto registrare il suo massimo storico, ieri. Tutto questo, messo insieme, ha fatto – e probabilmente farà ancora – lievitare il prezzo del pane. Comunque poteva pure andare peggio, perché secondo il responsabile di Cna agroalimentare, Luca Fanelli, qui «l’aumento è ancora molto al di sotto della media nazionale».

Viterbo si difende bene, alla cassa. Ma a essere in difficoltà sono i panifici, che per forza di cose sono stati costretti a un lieve ritocco. Dopo molti anni, a onor del vero. Fanelli ha il polso della situazione sulla categoria, dove la Cna conta molti associati. «L’aumento del prezzo del pane – dice - mediamente è del 20 per cento. E’ dettato dall’incremento delle materie prime insieme a quello dell’energia, che è schizzata del 30-40, e del gas». Finora il grano duro è cresciuto del 60, mentre quello tenero del 40.

Tutto sulle spalle delle imprese, che cercano di difendersi come possono, in bilico tra la necessità di andare avanti e quella di non perdere i clienti con aumenti che verrebbero digeriti male. E che quindi sono stati limitati. «Purtroppo – continua - non si è potuto evitare in ritocco, che c’è stato sia nelle forniture che nella vendita diretta. Ognuno ha dovuto farlo in base alla propria realtà, alle dimensioni aziendali e al tipo di lavoro.

Perché c’è chi punta più sulla rivendita e chi più sulla distribuzione».

Il problema ovviamente è su scala nazionale. E Viterbo? «Si è difesa bene: qui il pane sta a 2,80-3 euro al chilo, mentre la media nazionale è di oltre 4. Siamo quindi sotto di un 30 per cento». La guerra sarà presto un altro problema, per quanto riguarda l’importazione del grano. «Se i produttori dovranno approvvigionarsi da altri canali ci sarà una speculazione che può portare a un nuovo aumento. Già si parla di un incremento che va dai 4 ai 7 euro al quintale a carico dei panifici. Dovremo verificare, si valuterà».

La reazione del consumatore fortunatamente non è stata negativa. «L’incidenza dell’aumento del pane sullo scontrino medio è minimo, si può quantificare in 15-20 centesimi. Se un calo nei consumi c’è stato, come è vero, è dovuto al fatto che gli aumenti hanno riguardato tutti. Penso a luce e gas, quindi la gente tende a spendere meno in generale. Non è quindi legato alla panificazione, è dovuto a una serie di concause». La soluzione per la Cna, oltre a chiedere al governo un tavolo sul tema, è quella di «ragionare sull’acquisto delle materie prime in maniera collettiva e sulle comunità energetiche per calmierare la bolletta – conclude Fanelli – perché non si può continuare a far ricadere tutto sul prezzo finale del prodotto».

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