Omicidio Saline, l'assassino stava pianificando il suicidio

Claudio Cesaris
di Maria Letizia Riganelli
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Venerdì 18 Novembre 2022, 05:25 - Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 18:31

Uccise professore universitario con due colpi di arma da fuoco, chiesti 23 anni di carcere per il killer. 
Testa china e braccia conserte. Claudio Cesaris non si muove. Stretto tra i suoi due difensori aspetta un verdetto che arriverà solo tra tre mesi. Quando la Corte d’Assise emetterà la sentenza per l’omicidio del professor dell’Unitus Dario Angeletti. Omicidio che lui ha commesso e confessato, per cui ieri mattina il pm della Procura di Civitavecchia ha chiesto 23 anni di carcere. Claudio Cesaris, 69enne tecnico di laboratorio di Pavia, il 7 dicembre dell’anno scorso sparò due colpi di pistola contro il prof nel parcheggio delle Saline a Tarquinia. Dopo un’indagine lampo, ieri c’è stato un processo lampo. Le parti hanno concordato di non ascoltare i testimoni e di depositare alla Corte d’Assise l’intero fascicolo d’indagine e alcuni documenti sulla personalità dell’imputato. Un modo per guadagnare tempo e ottenere, probabilmente, uno sconto di pena.

Cesaris, assistito dagli avvocati Michele Passione e Alessandro De Federici, è accusato dell’omicidio del docente Unitus aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e di stalking nei confronti di una ricercatrice dello stesso dipartimento universitario della vittima.

La ricercatrice, parte civile assistita dall’avvocato Eliana Saporito, rappresenterebbe proprio il movente dell’omicidio. «Movente - ha spiegato il pm Alessandro Gentili durante la discussione - da rintracciare nella mancata accettazione della fine della relazione tra l’imputato e la ricercatrice. A cui si accompagna una forma di gelosia nei confronti del professor Angeletti, vissuto come antagonista, e una vendetta nei confronti della ex». Secondo quanto ricostruito l’imputato non avrebbe mai accettato la fine della relazione con la giovane accademica. In un anno di separazione le avrebbe inviato migliaia di messaggi e email.

Tutti racchiusi in un “libro”che lui stesso avrebbe rilegato. Libro dal titolo “Io e te un amore su Whatsapp” in cui Cesaris in 350 pagine racchiude foto e massaggi. Il libro è stato portato ieri mattina all’attenzione della Corte insieme a un lettera che l’imputato avrebbe scritto per la ricercatrice. Avrebbe dovuto riceverla una volta morto, Cesaris infatti meditava il suicidio e aveva programmato di lasciare tutto nelle mani della giovane. Il tecnico di laboratorio era ossessionato dalla donna. Tanto che prima di commettere l’omicidio pedinava lei e la vittima. «Aveva posizionato un gps sull’auto della ricercatrice - ha spiegato il pm - per seguire i suoi spostamenti. E ci sono almeno 11 casi in cui tutti e tre - professore, ricercatrice e imputato - si trovano nello stesso luogo. Non solo, aveva contattato anche un investigatore privato per intercettare il telefono della donna.

E probabilmente in questo contesto che ha scoperto della frequentazione con il professore. E ha iniziato a minacciare la ricercatrice. Le promette dolore e vendetta. Le scrive: “vorrei farti provare il dolore che si prova quando ti portano via la persona che ami“». E alla fine porta a termine il suo piano. Piano che, secondo la pubblica accusa, era chiaro anche leggendo altri messaggi carichi di risentimento. «In un incontro tra l'imputato e vittima di stalking, avvenuto pochi giorni prima dell’omicidio a San Martino nel Cimino, Cesaris - conclude il pm - punta un dito contro la tempia della ricercatrice, mimando la pistola, e le dice: “Se hai un altro ti sputo”.».

In aula ieri mattina anche i familiari del professore parti civili, assistiti dall’avvocato Rodolfo Bentivoglio e Massimiliano Zoli, il Comune di Tarquinia con l’avvocato Paolo Pirani e l’ateneo della Tuscia con l’avvocato Andrea Fedeli che ha annunciato che l’Unitus con l’eventuale risarcimento costituirà un fondo borse di studio.

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