Omicidio di Sestina Arcuri a Ronciglione, la condanna dall'Appello: «Volontà diretta di uccidere»

Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri
di Maria Letizia Riganelli
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Venerdì 17 Marzo 2023, 05:25 - Ultimo aggiornamento: 19:02

«L’ha lanciata per le scale e ha omesso qualsiasi iniziativa per cercare di salvarle la vita, completando il suo disegno di morte». La Corte d’Assise d’Appello non ha alcun dubbio: Andrea Landolfi ha ucciso Maria Sestina scaraventandola giù per le scale con «un intento letale». In 48 pagine il presidente Vincenzo Gaetano Capozza spiega come siano giunti a condannare a 22 anni di carcere l’ex pugile romano, uscito da innocente nel primo grado di giudizio.

La vicenda è nota. La notte tra il 3 e il 4 febbraio del 2019 Andrea Landolfi e la fidanzata Maria Sestina Arcuri sono a Ronciglione, per trascorrere un weekend a casa della nonna di lui. Qui, dopo un litigio, Maria Sestina troverà la morte con una caduta dall’alto per le scale. Caduta che per la Corte d’Assise di Viterbo era stata un semplice incidente. «La sentenza di assoluzione - spiega la Corte d’Assise d’Appello nelle motivazioni - è frutto di una non corretta valutazione delle prove. È stata privilegiata l’ipotesi tecnicamente meno probabile della dinamica dell’evento ancorandola alle prove dichiarative meno credibili. L’ipotesi della caduta accidentale è contraria alla logica, alle leggi della fisica e agli accertamenti medico legali sui corpi dell’imputato e della vittima».

La Corte d’Assise d’Appello, nella sentenza emessa il 21 dicembre scorso, spiega che l’unica dinamica possibile è quella della caduta dall’alto.

Caduta provocata dal lancio di Andrea Landolfi. Il Tribunale di Viterbo aveva accettato l’ipotesi d un rotolamento per le scale di entrambi gli attori. «Sembra che la Corte di Viterbo - si legge ancora nelle motivazioni - abbia strumentalizzato l’uso del termine compatibilità adoperandolo come una chiave per aprire una cassaforte piena di dubbi su quanto avvenuto nella casa di via Papiro Serangeli».

Per rendere granitica la sentenza la Corte d’Appello passa in rassegna ogni atto d’indagine, ogni testimonianza portata in dibattimento. Ribalta la visione sulla nonna e riporta al centro le parole del figlio dell’imputato. Ma sopratutto offre una visione che ancora il reato di omicidio a quello di omissione di soccorso. «A giudizio di questa Corte - scrive infine il giudice d’Appello - Maria Sestina Arcuri è stata lanciata da Landolfi con una condotta che si è rivelata letale. E l’effetto letale era anche nei propositi dell’imputato. Landolfi ha afferrato la ragazza e l’ha lanciata. E se fin qui può ravvisarsi un dolo d’impeto, il suo comportamento successivo non lascia dubbi sulla sussistenza della volontà diretta di uccidere la donna. La condotta successiva al lancio è parte integrante del reato di omicidio. Le azioni, e sopratutto le omissioni, da lui compiute non costituiscono soltanto la realizzazione del delitto di omissione di soccorso, ma parte integrante dell’omicidio».

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