Viterbo, Canino, Vetralla, Tuscania, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Blera e Soriano nel Cimino. È questo il triangolo d’oro dove si concentra il 65% della produzione provinciale, che rappresenta un quinto di quella laziale. Secondo i dati Coldiretti, la superficie a oliveto è di circa 14.500 ettari e occupa il 7,3% dei terreni agricoli nella Tuscia. Una produzione col marchio: sotto il cappello della Dop Canino e della Dop Tuscia si riuniscono centinaia di aziende, quasi tutte di piccole dimensioni, raggruppate in cooperative locali.
Da due anni a questa parte, la mosca olearia ha anticipato la sua comparsa. «Mentre prima cominciava a colpire a fine agosto, il monitoraggio a cura dell’ufficio tecnico della Coldiretti ha evidenziato – spiega Renna - come le infestazioni si siano presentate già a fine giugno, sulle varietà precoci come Palmetta e Leccino, per poi estendersi sulla varietà Canino». Gli agricoltori hanno cercato di combatterla, ma con scarsi risultati. «Le aziende convenzionali – racconta il direttore - si rifanno ai dettami regionali della lotta integrata, usando quindi trattamenti chimici. Quelle biologiche, oltre ai repellenti, si avvalgono dei pochi trattamenti ammessi».
A livello locale, la domanda interna sarà soddisfatta ma con prezzi più alti rispetto al passato. «Per il mercato esterno – prevede Renna - vista la grandezza medio-piccola delle aziende della Tuscia, difficilmente i commercianti si arrischieranno a integrare la carenza con olio estero. L'altissima qualità e le caratteristiche organolettiche dell’olio extra vergine prodotto nel Viterbese rende difficile la contraffazione». Intanto, il calo della produzione ha già fatto sentire i suoi effetti sull’occupazione: il personale stagionale ha subito un forte ridimensionamento.
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