Nei campi anche per 13 ore di fila, con paghe da miseria e sotto la minaccia del licenziamento

Carabinieri
di Maria Letizia Riganelli
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Sabato 26 Novembre 2022, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 19:37

Nei campi anche per 13 ore di fila, con paghe da miseria e sotto la minaccia del licenziamento. I carabinieri del comando provinciale di Viterbo hanno scoperto l’ennesimo caso di sfruttamento di lavoratori extracomunitari a Viterbo.  Indagato per caporalato e violazione delle normative sul lavoro un imprenditore del capoluogo attivo nel settore dell’agricoltura.

Uno dei più grandi di Viterbo. All’indagato è stata sequestrato dal gip la somma di circa 540mila euro, considerato il profitto dell’attività illecita. La sua azienda sarà sottoposta a controllo giudiziario. «Tale provvedimento, adottato in luogo di un sequestro preventivo - spiega il gip nell’ordinanza, attraverso l’affiancamento di un amministratore giudiziario all’imprenditore, da una parte, ha la finalità di evitare ripercussioni negative sui livelli occupazionali dell’impresa o di compromettere il valore economico del complesso aziendale, dall’altra parte, di evitare che si verifichino situazione di grave sfruttamento lavorativo».

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, coordinati dalla Procura, gli operai, impiegati nella lavorazione dei campi,  venivano sottoposti a condizioni lavorative caratterizzate da lunghissimi turni di lavoro (dall’alba al tramonto, anche fino a tredici ore al giorno), dall’esposizione alle intemperie e talvolta, dalla mancata fruizione del giorno di riposo settimanale, ferie e malattie retribuite e dalla corresponsione di remunerazioni palesamenti difformi rispetto ai dettami dei contratti nazionali e provinciali, mentre i salari venivano, in parte, corrisposti mediante bonifico ed in parte, “in nero”.

I carabinieri durante la fase di indagine hanno raccolto la testimonianza di 140 dipendenti, la maggior parte lavoratori che provengono da paesi poverissimi arrivati in Italia con la necessità di trovare un lavoro.

I 140 lavoratori avrebbero raccontato tutte le difficoltà e le minacce a cui erano sottoposti se per caso provavano a chiedere condizioni di lavoro migliori. «È stato accertato - spiegano i carabinieri - che, in talune circostanze, il lavoratore che protestava, per avere migliori condizioni lavorative, reddituali o relative alla fruizione del previsto riposo, veniva minacciato di licenziamento. L’indagato, però, non si limitava ad allontanare gli operai che avevano effettuato delle rimostranze, ma si adoperava affinché altri imprenditori, che operano nello stesso settore, non assumessero i lavoratori da lui allontanati o che li licenziassero qualora li avessero inconsapevolmente assunti». 

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