“Avevamo avuto delle segnalazioni su un'attività di spaccio di droga in via del Forno, in pieno centro storico. E proprio lì, la sera intorno alla sette, notammo Castillo che stava uscendo da un portoncino, chiudendo l'uscio e infilandosi la chiave con tutta fretta in tasca: evidentemente ci aveva riconosciuto, anche se eravamo in borghese, perché c'eravamo solo noi nella via. Dato il nervosismo, decidemmo di perquisirlo e perquisire anche la casa. Qui dentro, su una mensola del piano cottura, trovammo un sacchetto di plastica bianca contenente 33 grammi di quella che poi si rivelò essere cocaina. Era mescolata con dei chicchi di riso: un po' per mimetizzarla, un po' per preservarla dall'umidità. Rinvenimmo anche un bilancino di precisione, delle forbici, delle bustine già tagliate, e del denaro, circa 500 euro in contanti in un comodino e quasi altrettanti in tasca”.
Secondo la difesa del caraibico, quella non era casa sua: “Ma c'era il suo nome sul campanello del monolocale – ha spiegato il militare dell'Arma – e aveva già comunicato quell'indirizzo come sua residenza nei mesi scorsi. In più, sempre in casa, trovammo anche un avviso di conclusione di una precedente indagine, sempre a suo nome”. Da quella droga, secondo le analisi, si sarebbero potute ricavare 76 dosi. Il processo prosegue nei prossimi mesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA