Morte di Hassan, il ministero della Giustizia responsabile civile nel processo per abuso dei mezzi di correzione

Morte di Hassan, il ministero della Giustizia responsabile civile nel processo per abuso dei mezzi di correzione
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Venerdì 11 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 17:11

Morte di Hassan, il ministero della Giustizia responsabile civile nel processo per abuso dei mezzi di correzione. Ieri mattina davanti alla giudice Elisabetta Massini è ripreso il processo ai due agenti della penitenziaria di Viterbo accusati di aver pestato il giovane egiziano, morto suicida dopo questi fatti. Il procedimento è uno stralcio dell’indagine sulla morte del ragazzo di cui si occuperà la Procura di Roma che ha avocato a se il caso. 
Sharaf Hassan era un ventenne egiziano ristretto nel carcere di Viterbo, che l’estate del 2018, a meno di 90 giorni dal termine della pena, ha deciso di farla finita. Una decisione, che secondo la difesa dei suoi familiari - avvocati Giacomo Barelli e Michele Andreano - sarebbe stata indotta dalle condizioni disumane in cui vivono i detenuti di Mammagialla. Il 23 luglio del 2018 dopo una serie di atti autolesionisti Hassan viene trasferito in isolamento. E nemmeno due ore dopo si impicca finendo in coma. Morirà una settimana dopo a Belcolle. I dettagli di quei momenti sono stati subito portati all’attenzione della Procura di Viterbo. E dopo l’apertura di un fascicolo per istigazione al suicidio in carcere contro ignoti il pm Franco Pacifici ha chiesto l’archiviazione del caso.

L’avvocato Giacomo Barelli ha immediatamente presentato opposizione. Perché quel caso era poco chiaro e presentava troppi misteri.

Nello stesso periodo l’avvocato Andreani, insieme a una ogni egiziana che si occupa di diritti umani, ha presentato una nuova e dettagliata querela, per spingere sull’apertura di un procedimento. La querela ha portato la procura generale a togliere il caso alla magistratura di Viterbo e a revocare la richiesta di archiviazione.

Nel decreto della Procura generale sul caso i magistrati del Csm specificano che la difesa della vittima ritiene che quel giorno nel carcere di Viterbo si siano consumati almeno 4 reati: tortura, omicidio colposo, falso ideologico per la falsa attestazione di idoneità all’isolamento e omissione di soccorso. Intanto continua il procedimento parallelo ai due agenti della penitenziaria assistiti dall’avvocato Giuliano Migliorati. Ieri mattina sono state ammessi i familiari del giovane Hassan come parti civili. Respinta invece la richiesta della ong egiziana. La giudice ha anche ammesso come responsabile civile il ministero della Giustizia, che in caso di condanna dovrà rifondere le parti offese del processo. In particolare la mamma e il cugino di Sharaf Hassan.

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