Mafia viterbese, il pm Tucci: «Nessun dubbio, il reato è provato»

Il Tribunale
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Sabato 22 Gennaio 2022, 07:00

«La prima volta ci si ragiona, la seconda si prende a bastonate, la terza gli rompiamo il c…».
Parte da un’intercettazione la prima parte della requisitoria del pm Fabrizio Tucci. Un’intercettazione che racchiude tutto il senso del metodo mafioso dell’associazione capeggiata da Giuseppe Trovato. Quel metodo contestato anche a Emanuele Erasmi, Manuel Pecci e Pavel Ionel. Due imprenditori viterbesi e un “tuttofare” romeno. Ieri davanti al collegio è iniziata l’ultima parte del processo che vede i tre imputati alla sbarra.

Sono gli unici che hanno affrontato il processo con rito ordinario dopo gli arrestati dell’operazione Erostrato. Operazione che ha portato alla luce il sodalizio mafioso capeggiato mafioso di Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi, condannati, in primo e secondo grado, per associazione a delinquere di stampo mafioso. Emanuele Erasmi, imprenditore di Bagnaia, è accusato di estorsione aggravata dalla compartecipazione di più persone e dal metodo mafioso. Secondo l’accusa avrebbe chiesto l’auto della banda per recuperare un credito.

Erasmi è assistito dall’avvocato Giuliano Migliorati. Manuel Pecci, trentenne viterbese imprenditore nel settore dell’estetica, è anche lui accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Quest’ultimo, per la pubblica accusa, avrebbe chiesto l’intercessione di Giuseppe Trovato per risolvere un problema sorto nel suo salone di bellezza con un cliente.

L’ultima è quella di Pavel Ionel, unico romeno tra gli imputati. Il 38enne, difeso dall’avvocato Michele Ranucci, è accusato di danneggiamenti ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L’udienza di ieri è iniziata con un primo colpo di scena. Il pm prima della chiusura del dibattimento ha presentato al collegio una nuova intercettazione, mai venuta fuori finora, tra Giuseppe Trovato e un avvocato che avrebbe avuto un ruolo nella vicenda relativa a Pecci. Dopo diverse ore di camera di consiglio però il collegio ha rigettato la richiesta. La prima parte della requisitoria, durata più di 4 ore, ha riguardato solo la posizione di Manuel Pecci. Secondo il pm non vi è alcun dubbio che il reato contestato sia stato provato.

Il magistrato ha ripercorso tutta la vicenda, ricostruito ogni singola intercettazione che vede l’imputato coinvolto con il boss di mafia viterbese. Al quale l’imprenditore, sempre secondo la pubblica accusa, si sarebbe rivolto per risolvere i suoi problemi. E per capire come il boss agiva Tucci ha tirato fuori l’ennesima intercettazione. «Prima ci ragioniamo, poi lo prendiamo a bastonate. E se ancora non capisce gli rompiamo il cu…». Esattamente quello che sarebbe successo al cliente di Pecci se non fossero intervenuti i carabinieri. L’udienza riprenderà il 4 febbraio, con la seconda parte della requisitoria del pm e la richiesta pene.

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