Meno pagate e con meno possibiltà, la Tuscia non è un provincia per le donne

Meno pagate e con meno possibiltà, la Tuscia non è un provincia per le donne
di Luca Telli
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Mercoledì 7 Dicembre 2022, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 21:13

Lavoro, per le donne la strada è tutta in salita. Meno retribuite a parità di ore lavorate rispetto agli uomini e con un accesso al mercato molto più complicato. Se il tasso di occupazione tra maschi e femmine non subisce particolari squilibri tra i 15 ed i 64 anni viaggiando in parallelo intorno al 68% (dati 2021), il discorso cambia quando ad essere analizzati sono i dati relativi alla disoccupazione: nella stessa forbice di età, 15-64, gli uomini in cerca di lavoro si fermano al 9% contro il 12,6 delle donne, percentuale che schizza in alto di quasi 30 punti quando la fascia presa in esame è quella delle più giovani tra i 15 ed 21 anni.

«Numeri di un disagio serio che si avvicina a quella della realtà italiane più deboli - spiega il segretario della Cisl, Fortunato Mannino -. Purtroppo in questi anni si è perso tempo, la politica a nessun livello è stata in grado di dare risposte». Invoca una maggiore azione per ridurre il gender gap reddituale il segretario Cisl, «lo stipendio di una donna può essere inferiore anche dell’8%, una mazzata non da poco se si tiene conto di una situazione già complicata in cui la media provinciale dei redditi da lavoro dipendente raggiunge a fatica i 15mila euro (tra i più bassi del Paese ndr)», e più tutela contrattuale.

Spiega ancora Mannino come «le donne, specie in determinati settori lavorativi, siano soggette a pressioni diverse rispetto agli uomini.

In questi anni abbiamo raccolto testimonianza di giovanissime, ragazze e madri di famiglia, alle quali era stato imposto un trasferimento in altra sede, spesso fuori regione, per spingerle alle dimissioni». Il motivo? «Più di uno – continua il segretario Cisl -. Ma il principale è che una parte dei datori di lavoro vede la possibilità di una maternità come una grana da sistemare: molte donne sono ostaggio di un sistema che non funziona».

Il riferimento di Mannino è alla lunga serie di disservizi che girano intorno all’organizzazione famiglia: dalla mancanza di asili nido ad una politica assistenziale che spesso trova il suo punto di forza nel sostegno economico da parte della famiglia d’origine. «Succede, in buona sostanza, che una donna si trova costretta a scegliere tra il lavoro e la cura della casa – conclude -. Tra i figli e un’occupazione che pure serve per avere una maggiore tranquillità economica che oggi, con l’inflazione che viaggia verso la doppia cifra e la spesa alimentare più cara di circa 800 euro in un anno solare, è sempre più importante».

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