Mafia viterbese, la storia processuale non è chiusa: i pm verso l'appello sul giudizio bis

Ismail Rebeshi
di Maria Letizia Riganelli
3 Minuti di Lettura
Venerdì 3 Febbraio 2023, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 16:55

Mafia viterbese, la lotta non è completamente chiusa. Almeno quella nei tribunali. Con la sentenza della Cassazione sulla banda di mafiosi che giravano in città si chiude la vicenda portante. Ma restano ancora in piedi molti altri risvolti. In primis quelli relativi a Ismail Rebeshi. La sentenza su mafia viterbese ha sancito che il capo era Giuseppe Trovato. Il calabrese che voleva per sé il mercato dei comproro. E per farlo aveva stretto un patto di ferro con il capo degli albanesi dediti allo spaccio e alla violenza.

Rebeshi era il capo in seconda, ma solo perché a Trovato piaceva sentirsi il boss.

Il “biondo” era la mente della banda, del gruppo di albanesi che gestiva. Aiutava Giuseppe Trovato nei suoi affari e allo stesso tempo gestiva i suoi affari, leciti e illeciti. E sono tutti questi affari a pendere ancora sulla bilancia della giustizia. Per lui il processo per estorsione mafiosa, in cui era imputato anche il fratello David, si è chiuso con un’assoluzione. Ma la partita non è chiusa.

I pm antimafia che martedì sera hanno ottenuto la certificazione del loro lavoro minuzioso, sarebbero già al lavoro per preparare il ricorso in appello. Il procedimento è quello relativo all’estorsione a due imprenditori, che secondo la pubblica accusa avrebbe ordinato Ismail Rebeshi dal carcere, tramite pizzino e mail, al fratello David, per conti che gli stessi avevano in sospeso con il boss. Per questi fatti il biondo è stato messo al 41 bis e la sua detenzione si è aggravata. Ma per il Tribunale di Viterbo che ha emesso la sentenza, pochi mesi fa, Rebeshi era innocente, condannato a 5 anni invece il fratello minore David, per lui però nessuna aggravante mafiosa. L’estorsione era “semplice”.

A metà febbraio usciranno le motivazioni della sentenza di primo grado. Sarà solo allora che il pm Fabrizio Tucci, che per questa vicenda aveva chiesto 12 anni di carcere per entrambi i fratelli Rebeshi, potrebbe presentare appello. L’idea della Procura antimafia è che tutto sia davvero stato manovrato dal boss di mafia viterbese per recuperare denaro anche da dietro le sbarre tramite messaggi sibillini e telefonate non consentite. Di certo, la sentenza della Cassazione che ha certificato il 416 bis potrebbe essere un ostacolo difficile da ignorare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA