L'allarme per la cimice asiatica avvistata nei noccioleti: «E' un insetto pericolosissimo, che mangia di tutto»

Le cimici asiatiche studiate dall'Unitus
di Carlotta Caroli
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 5 Settembre 2018, 08:05
Si chiama Halyomorpha halys - ma tutti la conoscono come cimice asiatica – ed è l’insetto più chiacchierato delle ultime settimane. Dopo aver infestato l’America del Nord, nel 2012, è arrivata in Italia, ma prima d’ora non si era mai vista nella Tuscia. E quindi si stava abbastanza tranquilli. Poi è successo: la (triste) scoperta sui Monti Cimini è di questi giorni.

Gli entomologi del dipartimento di Scienze agrarie e Forestali dell’Unitus - Mario Contarini, Federica Giarruzzo, coordinati da Stefano Speranza all’interno del progetto europeo Horizon2020 (Pantheon) coordinato per l’ateneo viterbese da Valerio Cristofori - hanno avviato un piano di monitoraggio ambientale nei noccioleti della zona per rilevare l’eventuale presenza della cimice asiatica. E l’hanno trovata.

È stato un colpo al cuore che ha scatenato un discreto timore tra gli agricoltori. Perché l’Halyomorpha – che è praticamente identica alla cimice comune – è pericolosissima. «È un insetto estremamente polifago – ha spiegato Speranza - ha la capacità di alimentarsi di tantissime piante di interesse agrario, forestale, ornamentale». E questo è un bel problema: la cimice asiatica non ha la passione per una pianta in particolare, le ama tutte. E il nocciolo è una delle sue preferite, però gradisce anche altre nostre tipicità, cioè la vite e il castagno.

Ma capiamo meglio: che danni fa alla pianta? «Punge e succhia – ha chiarito Speranza – e quando punge, rilascia saliva tossica per la pianta e la zona colpita non si accresce più. Il risultato è un frutto malformato che non può essere messo in commercio». Non solo: «Ci sono anche l’aborto traumatico e il “macchiato o cimiciato”, che è il danno più grave. In pratica il frutto della pianta infestata prende il caratteristico sapore di cimice. Una cosa decisamente preoccupante per la commercializzazione e la trasformazione del prodotto». La cosa peggiore è che, se una pianta è infestata, c’è la certezza che anche le piante intorno lo siano. Le conseguenze, quindi, possono essere disastrose. Anche per un altro motivo: questo insetto, che si alimenta principalmente dei fruttiferi, non ama stare sulla pianta di cui si nutre. Preferisce, una volta mangiato, rifugiarsi nei boschi. 

Questo vuol dire che è difficile da individuare perché, dopo il “pasto”, abbandona la pianta; e che i Monti Cimini sono il suo habitat ideale. Allora che si fa? «La cosa che ci preme come dipartimento - dice Speranza - è informare il territorio della presenza di questo insetto, informare e formare gli agricoltori e tutti i soggetti coinvolti per provare a contenere le infestazioni nei prossimi anni». Una nota positiva in tutto questo c’è: «Non ci sono ancora dati sull’infestazione del nocciolo, l’insetto è stato solo riscontrato nel territorio dei Cimini». Ovviamente, se il Dafne ha diffuso la notizia non è per creare panico, semmai per avvisare: «La cosa principale è procedere con un’operazione di monitoraggio su tutto il territorio, magari provando a creare delle reti di agricoltori sensibili che riescano a monitorarne la presenza. Quando l’agricoltore è informato e formato può agire in maniera corretta», spiegano dall’Unitus. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA