«Non era facile da realizzare una trasposizione per il teatro di quello che ho scritto, ma ho trovato delle persone appassionate che sono riuscite a farlo. Ivana Ferri è una bravissima scrittrice e grande donna di teatro, Ettore Bassi è un bravissimo attore. Si sono innamorati del romanzo e mi hanno cercato per poterlo trasformare in uno spettacolo teatrale. Cosa che mi ha fatto emozionare come pochi».
E’ la convinta benedizione che il cantautore e scrittore Roberto Vecchioni ha impartito ai protagonisti (la prima firma l’adattamento e la regia) de “Il mercante di luce”, lo spettacolo tratto dal suo romanzo (Einaudi, premio Pavese 2015), che fa tappa nella Tuscia con due repliche: la prima, venerdì, ore 21, al Teatro Falk di Tarquinia; la seconda sabato, sempre alle 21, al Teatro Francigena di Capranica. Musiche originali eseguite dal vivo di Massimo Germini,
Sinossi. Stefano Quondam (interpretato da Bassi), un professore di letteratura greca, grandissimo e misconosciuto, un Don Chisciotte che non ha mai smesso di combattere una testarda battaglia contro la stupidità e l’omologazione. Certo, è al tempo stesso un uomo imperfetto, ma vuole trasmettere al figlio, quanto ha di più prezioso: la cultura. trasmettere al figlio, quanto ha di più prezioso: la cultura. Vuole credere con tutto sé stesso che la bellezza che gli tempesta la memoria sia una luce così potente da svergognare il buio.
Un’altra segnalazione ci porta a Caprarola, “Teatro don Paolo Stefani”, che domenica 16, ore 21, chiude la stagione invernale con Ariele Vincenti, interprete di “Marocchinate”, scritto insieme a Simone Cristicchi, messo in scena per la regia di Nicola Pistoia. Nell’opera teatrale, gli autori ricordano - tramite Angelino, pastore ciociaro che dialoga con Enzo, giornalista di Epoca che, alla fine, si scoprirà essere Enzo Biagi - “l’altra faccia della liberazione”, cioè quello che accadde, nel 1944, in alcuni paesi della Ciociaria “schiacciati in mezzo a due fuochi, da una parte il muro dei tedeschi, dall’altra, gli americani che avanzavano”, dopo che gli Alleati riuscirono a penetrare la linea Gustav - duecentotrenta chilometri di trincee e bunker costruite in mezzo alle montagne con migliaia di soldati tedeschi nascosti in mezzo alle rocce - grazie all’impiego di uno strano esercito composto da soldati provenienti dalle aspre montagne del Nord Africa.
“Li chiamavano i Marocchini. E la cosa peggiore che si diceva era che prendevano tutto quello che trovavano, soprattutto le donne e le violentavano senza pietà.”