Nessun permesso premio per Paolo Esposito. La Cassazione è irremovibile: «L’atteggiamento di chiusura del detenuto non consente di sciogliere positivamente il nodo della pericolosità sociale». Paolo Esposito, 52enne di Gradoli, è recluso in carcere da oltre 10 anni.
Condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della moglie Tatiana Ceoban e della figlioletta Elena, per occultamento di cadaveri e detenzione di materiale pedopornografico. La storia è ormai nota. Il 30 maggio 2009 scompaiono Tatiana e Elena. Si pensa a un allontanamento volontario. Ma ben presto le indagini puntano sulla casa di Esposito. Il cinquantenne, che da tempo intratteneva una relazione sentimentale con la sorella della moglie (condannata a 8 anni per favoreggiamento), avrebbe ucciso Tatiana e poi la figlia di lei Elena. E poi avrebbe nascosto i corpi ed eliminato tutte le tracce.
I corpi delle due vittime non sono mai stati trovati e mai Esposito si è lasciato sfuggire qualcosa, professandosi sempre innocente. Anche in questi anni di carcere avrebbe continuato a mantenere il silenzio. Motivo per cui la Cassazione ha respinto la richiesta di permessi premio avanzata dall’avvocato Marco Valerio Mazzatosta.
Entrambi hanno spiegato che: «Esposito, pur serbando un contegno inframurario regolare, non risultava aver avviato una revisione critica dei proprio trascorsi criminosi. E non essendo stati acquisiti elementi rassicuranti sulla pericolosità sociale, il detenuto non poteva essere ammesso al beneficio richiesto». Dello stesso avviso la Suprema Corte che rigettando il ricorso ha affermato: «Non è emersa un’adeguata presa di distanza rispetto ai gravissimi reati commessi».
Di fatto in questi 12 anni Paolo Esposito non ha mai fornito notizie per ritrovare i cadaveri. «C’è stata un’assenza di revisione critica rispetto ai reati commessi - afferma la Sorveglianza -, motivata con la mancata ammissione delle proprie responsabilità». Proprio questa mancata ammissione sarebbe alla base della scelta di non far uscire, seppur per poco tempo, Esposito dal penitenziario. I giudici della Suprema Corte non avrebbero elementi per sciogliere il dubbio sulla pericolosità sociale.