Filippo Ceccarelli presenta “Invano. Il potere in Italia". «Il rotolamento verso il basso di una classe politica»

Filippo Ceccarelli
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Mercoledì 19 Dicembre 2018, 12:30
“Nulla mi toglie dalla testa la sensazione che siamo di fronte ad una caduta, che stiamo scivolando verso il basso. A salvarci potrà essere solo una sorta di rimbalzo”: ha il tono vispo e tutt’altro che anziano Filippo Ceccarelli, un pezzo della storia della carta stampata italiana vissuta fra Panorama, la Stampa e infine l’avventura di Repubblica, che fino ad oggi è la sua casa.

Una vita a raccogliere impressioni, maschere, dettagli sui più svariati personaggi politici della nostra storia, divenuti un gigantesco archivio, oltre che una profonda memoria: impegno, questo, che è stato oggi tramutato in un libro imponente, “Invano – Il potere in Italia da de Gasperi a questi qua”, sugli scaffali per la Serie Bianca di Feltrinelli. Oltre mille pagine dense di racconti, dettagli, aneddoti, “personaggi minori, sguardi, angoli, segretarie, famigli, ossessioni documentate” che il notista politico presenterà giovedì 20 dicembre al Teatro Caffeina di Viterbo, intervistato da Giorgio Renzetti del Messaggero con un intervento di Filippo Rossi, direttore artistico di Caffeina.

Il messaggio dell’opera è racchiuso in due dimensioni, spiega Ceccarelli: “Innanzitutto un libro da mille pagine è già di per sé un’opera provocatoria: se uno ti propone mille pagine vuol dire che vuole opporsi alla scomparsa dei ricordi e delle memorie, fenomeno oggi imperante e causato dalle nuove tecnologie, che hanno saturato le possibilità cognitive dell’essere umano. Se non si ricorda più nulla però, se il passato è svanito, non si riescono a cogliere i barlumi di futuro che si possono rintracciare nei giorni passati e in quelli presenti”, afferma il cronista.

La seconda dimensione è invece il titolo: “Ciò che io racconto è la sensazione di un rotolamento verso il basso, di una classe politica che mi pare oggi dal pensiero rimpicciolito, di un immiserimento del nostro percorso pubblico. I personaggi che governano l’Italia contemporanea sono meno colti, hanno sofferto di meno rispetto a chi questo paese l’ha costruito e portava alle spalle mondi e culture di cui doveva tener conto persino per inserire una virgola . Credo che al punto in cui siamo arrivati il potere, il governo, l’esercizio di queste funzioni siano un po’ diventate una sorta di red carpet, una passerella inutile. Qualcosa che accade, appunto, sostanzialmente invano”.

A Ceccarelli oggi sembra mancare una tensione prima di tutto umana, la voglia di vivere dopo la morte, il senso della trascendenza, dell’oltre: “Fino a quando esistevano le grandi culture politiche, la cattolica, la comunista, persino la fascista, chi le animava sembrava invaso da un senso del futuro addirittura ingombrante. Per i cattolici il potere, in fondo, era un attributo di Dio, ed esercitarlo bene o male era la porta del paradiso o dell’inferno. I fascisti avevano la patria, qualcosa per cui si poteva, e in alcuni casi si doveva, anche morire. I comunisti erano atei e internazionalisti, ma sapevano che se si falliva la battaglia, se si moriva, un compagno avrebbe raccolto la bandiera rossa e avrebbe continuato a far girare la ruota della storia fino all’arrivo del socialismo, che sarebbe necessariamente giunto.

Tutto ciò inizia a cambiare con gli anni ‘80”, continua Ceccarelli: “Ho visto qualcosa di diverso prima di tutto con Craxi. I suoi anni furono un esercizio di laicità, forse fu persino sana: sembrava che si prendesse coscienza che il mondo era tutto qui, e allora ‘facciamo quel che possiamo senza badare a qualcosa di ulteriore’, sembravano dire le persone in quegli anni. Ma questo ci ha fatto perdere contenuti,spirito, la spinta propulsiva del potere; l’irruzione della televisione ha fatto il resto. Lo spettacolo per forza di cose è artificio, è rappresentazione: e la rappresentazione ha preso a spallate la rappresentanza. Le culture politiche sono degenerate, i democristiani sono diventati democristoidi, i socialisti craxiani, i fascisti qualcosa di diverso”.

“Da de Gasperi a questi qua”, insomma, è il racconto della china sulla quale, secondo Ceccarelli, negli ultimi anni siamo ruzzolati verso il basso: “Se devo identificare il punto in cui siamo iniziati a scivolare, mi vengono in mente le figure torreggianti di Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. Nella gestione del caso Moro la Dc perde la sua anima, il che per un partito di ispirazione cristiana forse significa perdere tutto. La morte di Berlinguer è una cosa fisica, che investe il corpo, ricordo questo uomo mite che cerca di parlare sul palco anche se sta male, con intorno i militanti e un immaginario potente. E’ da quegli episodi che è partita una fiera che ci ha portato a Craxi, poi a Berlusconi, fino a ‘questi qua’: una stagione che ha forse reso contento qualche giornalista, ma che ci ha portato ad un punto nel quale, sinceramente, non vedo vie d’uscita”.
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