«Impossibile dubitare della piena consapevolezza dell’infermiere». Feto nel cassonetto, la Corte d’Appello, che ha condannato Graziano Rappuoli a 5 anni e mezzo di carcere per feticidio, motiva con queste parole la decisione. I giudice a ottobre scorso avevano ridotto la condanna di primo grado di anni. L’infermiere a maggio 2013 procurò una ricetta medica ad Alina Ambrus, ballerina romena di night, che voleva abortire.
La donna era incinta di 7 mesi e non voleva portare avanti la gravidanza. Grazie alla prescrizione del farmaco abortivo l’ex ballerina la notte tra il 2 e il 3 maggio di 10 anni fa partorì nel bagno di casa. Ma il farmaco non le indusse solo il parto, subito dopo arrivarono emorragie fortissime. Disperata chiamò l’amico infermiere chiedendo un passaggio per l’ospedale. Durante il tragitto chiese all’uomo di fermarsi. Scese con un fagotto di asciugamani e gettò nel cassonetto di via Solieri un involucro. Solo molte ore dopo gli agenti della Squadra mobile tornarono nel cassonetto e dall’involucro recuperarono il corpo esanime di una settimina. Rappuoli, che nel procedimento è assistito dall’avvocato Samuele De Santis, fu subito fermato dalla polizia e accusato di omicidio volontario, premeditato e aggravato e occultamento di cadavere in concorso ed esercizio abusivo della professione.
Alina, che scelse di essere condannata con l’abbreviato, dopo aver scontato un anno di condanna si dileguò sfuggendo a tutte le polizie internazionali.
Due elementi a supporto della tesi dei giudici: Rappuoli era infermiere un professionale e l’epoca in cui lui gli ha procurato il farmaco. «Aveva da tempo rapporti di frequentazione con Amburs - spiegano ancora, l ei gli aver chiesto aiuto per interrompere la gravitazione e aveva deciso di procurare il farmaco che conosceva come induttore del parto se assunto in dosi elevate. Non è possibile dubitare della piena consapevolezza dell’infermiere».