Eseguirono gli ordini del boss, condanna esemplare per i tre “scagnozzi” di Ismail Rebeshi

Ismail Rebeshi
di Maria Letizia Riganelli
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Giovedì 26 Novembre 2020, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 21:18

Eseguirono gli ordini del boss di mafia viterbese, condanna esemplare per tre “scagnozzi” di Ismail Rebeshi. Ieri il gup del Tribunale di Roma, ai tre ventenni albanesi che parteciparono all’estorsione a due imprenditori di Tuscania e Tarquinia - secondo l’accusa pianificata dal boss di mafia viterbese - sono stati condannati a 9 anni e 4 mesi di reclusione. Nonostante lo sconto di pena per la scelta del rito abbreviato.

La pubblica accusa, pm Fabrizio Tucci, aveva chiesto 10 anni per ognuno. La giudice capitolina ha confermato l’aggravante mafiosa ed escluso quelle generiche. Durante la lettura della sentenza ha anche rinviato a giudizio, per lo stesso fatto,  i fratelli Ismail e David Rebeshi, ritenuti mandante ed esecutore delle estorsioni. Lo storico avvocato dei fratelli, Roberto Afeltra, ha scelto di procedere con rito ordinario e rinunciare a qualsiasi sconto di pena. Il processo sarà quindi celebrato nel capoluogo della Tuscia.

La vicenda nasce subito dopo l’operazione Erostrato, dei carabinieri del Nucleo investigativo, che porta in manette il sodalizio mafioso capeggiato da Ismail Rebeshi e Giuseppe Trovato. Mentre i boss sono ristretti in carcere qualcosa continua ad accadere. Due imprenditori vengono “avvicinati” da David Rebeshi, in cella per questa vicenda, e dai suoi tre scagnozzi e chiedono soldi.

Una delle vittime si rivolge alle forze dell’ordine affermando di essere sotto scacco di un gruppo di albanesi. 

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti gli indagati avrebbero da un imprenditore 4.000 euro e dall’altro 5mila. Entrambe le richieste avevano un comune denominatore: un fantomatico debito con Ismail Rebeshi. Dietro all’estorsione, per l’accusa, ci sarebbe stata la lunga mano del “boss”. Il collegamento non starebbe semplicemente nel legame di sangue tra i due fratelli Rebeshi. Le conversazioni captate dagli investigatori e la corrispondenza privata dei fratelli albanesi avrebbero svelato le intenzioni criminali.

Per questa ragione i pm Fabrizio Tucci e Giovanni Musarò, gli stessi dell’operazione Erostrato, ritengono che il mandante delle estorsioni sia proprio Ismail Rebeshi, che nonostante fosse al 41 bis nel carcere di Cuneo continuava a dare precise indicazioni su come gestire gli affari.  «Presenteremo appello - ha affermato l’avvocato Samuele De Santis, che assiste i tre ragazzi albanesi - anche se è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. Abbiamo appigli per il secondo grado».

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