Emergenza siccità, allarme per i raccolti di grano e mais: «Meno qualità e quantità»

Emergenza siccità, allarme per i raccolti di grano e mais: «Meno qualità e quantità»
di Luca Telli
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Giovedì 26 Maggio 2022, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 21:44

La siccità fa paura, con appena 19 giorni di pioggia in sei mesi per gli agricoltori della Tuscia è allarme rosso. Ad aumentare la pressione su imprese e raccolti c’è poi l’aumento delle temperature: i primi 25 giorni di maggio sono stati, in media, di quasi due gradi più caldi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. «L’estate inizierà tra un mese ma stiamo già vivendo situazioni che eravamo abituati a vedere alla fine di luglio – spiega Mauro Pacifici, presidente di Coldiretti Viterbo-. Se anche dovesse piovere nelle prossime settimane non sarebbe comunque utile per i raccolti».

Il sostegno garantito da parte del consorzio di bonifica del Litorale Nord, che da febbraio ha anticipato l’apertura del servizio irriguo dopo averlo sospeso solo alla fine di novembre, potrebbe nel lungo periodo non essere sufficiente. Spiega ancora Pacifici: «Il cambiamento climatico ci mette davanti a nuove sfide alle quali dobbiamo rispondere. Ogni giorno che perdiamo è un danno che pagheremo in futuro. Minimizzare gli sprechi e aumentare la capacità di stoccaggio delle acque piovane attraverso bacini di accumulo è una soluzione in cui Coldiretti crede molto e che, se non ci metterà a riparo dai danni climatici, ci aiuterà ad affrontare meglio le crisi idriche che rischiano di aumentare al pari dei fenomeni estremi come le bombe d’acqua».

Questo il futuro, intanto il presente piange con le previsioni per il raccolto delle colture primaverili che rischia di accusare una flessione compresa tra il 25 e il 30 per cento rispetto allo scorso anno, senza risparmiare nessuna area della provincia. «Gli effetti della siccità sono devastanti – continua Pacifici -.

Aspettiamo per fare un bilancio ma le difficoltà sono evidenti». Un crollo che non dipende solo dal meteo ma anche dagli effetti del caro materie prime, a cominciare dai concimi cresciuti del 120%, e dall’aumento del costo di energia e gasolio (arrivato fino a 1,3 euro al litro, quasi triplicato rispetto al prezzo medio che si registrava nel 2020) che hanno ritardato e in alcuni casi compromesso le semine.

«I cali più evidenti, purtroppo, saranno nel comparto cerealicolo – continua Pacifici – Il grano subirà un calo sia in qualità che in quantità. Per il mais, che oltre al clima deve fare in conti anche con il problema dei cinghiali, la situazione non sembra diversa».

Lo stato emergenziale che sta travolgendo l’agricoltura, messa già in ginocchio lo scorso anno dalle gelate tardive di aprile che hanno dimezzati i raccolti di nocciole, uva e olive, rischia di portarsi dietro tante aziende. «I conti – conclude Pacifici - sono semplici da fare. Le semine da inizio anno sono costate tre volte tanto, i raccolti dimezzati: la sofferenza delle imprese è la logica conseguenza».

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