Droga a ragazza suicida, la chat resta un mistero

Il tribunale di Viterbo
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Venerdì 5 Marzo 2021, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 21:16

Fornì droga a una 17enne che poche ore dopo si suicidò, incerta l’identificazione sullo scambio di messaggi.
Un giovane di Civitella d’Agliano, assistito dall’avvocato Marco Valerio Mazzatosta, è finito a processo con l’accusa di spaccio a minori.
Il 14 febbraio del 2017 Laura Chirica, 17enne di Orvieto precipitò dal settimo piano di un palazzo di via Agrigento a Roma. Morì il giorno dopo all’ospedale Umberto I. La morte della giovane, nonostante le istanze dei familiari che avrebbero voluto fare più luce sul decesso, fu archiviata come suicidio. A scoprire il legame tra la 17enne e il giovane imputato fu il telefonino di quest’ultimo in cui erano registrate alcune chat tra i due. Chat che hanno aperto le indagini e fatto venire alla luce uno scambio di droga. 
Da quanto ricostruito l’imputato poco prima della tragedia avrebbe dato alla ragazza hashish in cambio di 750 euro.
A spiegare il collegamento tra i due giovanissimi gli ispettori di polizia che hanno indagato sul caso. «Il 27 febbraio del 2017 - hanno spiegato in aula - abbiamo ricevuto una soffiata su un presunto giro di droga in un distributore di Montefiascone. Siamo andati per un controllo e abbiamo trovato l’imputato con 4 dosi, circa 10 grammi. Subito dopo abbiamo perquisito l’appartamento di Civitella d’Agliano e qui abbiamo sequestrato 138 grammi suddivisi in panetti, un bilancino e un foglio con nomi di ragazzi e accanto un importo. Durante la perquisizione abbiamo sequestrato anche il cellulare dove abbiamo notato diverse chat. Tra questa una con la ragazza morta suicida solo alcuni giorni prima». 
I messaggi tra i due sarebbero iniziati il 19 dicembre 2016 e si sarebbero interrotti la mattina del 14 febbraio. Giorno della tragedia. Le chat, inizialmente non utilizzabili in quanto oggetto di un altro procedimento, 
sono state esaminate, proprio in questi giorni, dal perito incaricato dal Tribunale di Viterbo. Il professionista ha svolto il suo incaricato e depositato documenti in cui ci sarebbero annotati tutti i relativi scambi. Ma niente riguardo all’identificazione tra mittente e destinatario dei messaggi. L’identificazione tra numero di telefono e persona fisica non sarebbe stato uno dei quesiti rivolti al perito. L’avvocato Mazzatosta, che nella mancanza ha trovato appigli difensivi, ha revocato i suoi testi e chiesto la discussione. 
La sentenza è prevista per il 9 giugno.

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