«Dallo studente al fornaio. Così insegniamo l'Italiano agli immigrati e li aiutiamo a integrarsi»

«Dallo studente al fornaio. Così insegniamo l'Italiano agli immigrati e li aiutiamo a integrarsi»
di Simone Lupino
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Giovedì 2 Marzo 2023, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 17:24

Alzi la mano chi sa che la prima università al mondo è nata in Marocco è a fondarla è stata una donna. O che Tirana è capitale internazionale della movida, con la più alta concentrazione di bar per chilometro quadrato. A proposito di record: se capitate in Finlandia e cercate una sauna, avrete solo l’imbarazzo della scelta. Se ne contano 3 milioni, un numero più alto di quello delle automobili.

Queste e altre curiosità legate alla cultura e alle tradizioni dei propri paesi di origine sono state raccontate sabato scorso a Viterbo da migranti qui nella Tuscia per motivi di studio, lavoro, amore o in fuga dalle guerre. Come Amina, che in Italiano perfetto ha detto: “Sono arrivata nel 2015 dall’Afghanistan insieme alla mia famiglia attraverso un corridoio umanitario, lavoravo come medico con la mezzaluna rossa e la croce rossa”. A Viterbo ora fa la mediatrice culturale. "Il mio Paese non è solo quello di cui si parla spesso per fatti tristi. Ha tante cose belle, territori incontaminati, bravi artigiani e la qualità di zafferano migliore al mondo”. Al contrario Tapash, un ragazzo indiano, è a Viterbo da soli 4 mesi. “Studio il clima e i cambiamenti climatici, ora mi sto occupando del lago di Bolsena”. Nella sua lingua, l’assamese, ha cantato una canzone scritta di suo pugno.

L’occasione è stata la giornata della lingua madre, celebrazione Unesco per la diversità linguistica e culturale. Gremita di pubblico la Sala Gatti messa a disposizione dal Comune, in prima fila l’assessore Notaristefano. A parlare studenti e amici della scuola di Italiano gestita dalla Casa dei diritti sociali della Tuscia (Cds), organizzatrice dell’evento alla settima edizione. L’associazione si occupa di lotta alla povertà e di inclusione delle persone migranti.

“Le lezioni sono gratuite, da ottobre a giugno, quest’anno abbiamo 81 iscritti, ma non tutti frequentano”, spiega Chiara De Carolis.

Gli studenti, infatti, sono spesso solo di passaggio nella Tuscia. Tre i livelli: base, avanzato e “pre alf”, per chi è analfabeta sia in italiano che nella propria lingua. “Da un paio di anni abbiamo in maggioranza persone dall’Ucraina, e poi India, Georgia, Marocco, Tunisia. Ma non solo. Pure studenti finlandesi o svedesi”. Diverse le estrazioni. “Il bello della scuola è che si possono trovare gomito a gomito colui che è a Viterbo per seguire un dottorando all’Università e chi invece dorme alla Caritas”.

I corsi sono improntati sulla comunicazione o su obiettivi specifici. Possono servire a ottenere un titolo di studio, a imparare a prendere i mezzi pubblici, a farsi capire in un ufficio, a far valere i propri diritti. Zoom anche sull’eduzione civica o il lavoro. “L’obiettivo principale è creare una rete di relazioni, abbattere gli stereotipi e i pregiudizi”. I risultati dipendono da più fattori, ma nel tempo si vedono: c’è chi ha superato l’esame di terza media, chi ha preso la patente, chi ora è diventato autonomo e fa il volontario aiutando a sua volta quelli appena arrivati”.

Ciò che dopo tanti anni di attività colpisce De Carolis è la forza volontà di tanti studenti e la loro capacità di adattamento. “Nella vita c’è chi fa lavori molto duri, ma per nulla al mondo salterebbe una lezione. Come un migrante, fornaio a Acquapendente. Si svegliava presto tutte le mattine, ma la sera prendeva sempre l’autobus per venire a scuola e poi tornare a casa”.

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