Commercio, la Cgil denuncia la giungla dei contratti: "Stesso lavoro per 300 euro in meno al mese"

Carlo Proietti
di Renato Vigna
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Giovedì 19 Maggio 2022, 07:05 - Ultimo aggiornamento: 11:19

Meno diritti, ma anche minori compensi. Sono gli effetti delle assunzioni con contratti capestro in alcuni supermercati della Tuscia. La denuncia arriva dalla Filcams-Cgil di Roma Nord, Civitavecchia e Viterbo: “Sta prendendo sempre più piede il mal costume di applicare contratti che prevedono un compenso inferiore di circa 300 euro mensili rispetto a quello nazionale. Oltre ai soldi, vengono meno anche altri istituti frutto di decenni di lotte dei lavoratori”, accusa il sindacalista Carlo Proietti.

Nella sola provincia di Viterbo sono circa 80 i dipendenti di un grande marchio conosciuto a livello nazionale che si sono visti applicare queste condizioni peggiorative: un punto vendita si trova a Viterbo, altri a Tuscania e a Vetralla. Ma la tendenza si sta allargando anche altrove, con casi simili a Civitavecchia e Fiumicino, sempre appartenenti alla stessa catena.

“Da alcuni anni ormai – spiega Proietti – ai quattro contratti collettivi di lavoro, che Cgil, Cisl e Uil stipulano con Confcommercio, Confesercenti, il sistema cooperativo e Federdistribuzione, si affianca una galassia di contratti pirata. Nel terziario se ne contano quasi 200 che abbattono i minimi retributivi, non riconoscono la 14esima mensilità e altre voci aggiuntive della retribuzione quali gli straordinari, prevedono tagli all’indennità di malattia, assenza di dispositivi di welfare aziendale, riduzione della tutela della salute e della sicurezza, persino delle ferie”.
Nel caso denunciato dalla Filcams quello applicato è il contratto Anpit-Cisal.

“Lo hanno scelto – continua il sindacalista – aziende della grande distribuzione che, affidando in franchising la propria insegna, si deresponsabilizzano rispetto al rapporto con le lavoratrici e i lavoratori.

I punti vendita vengono gestiti da soci-imprenditori che eludono l’applicazione del contratto collettivo nazionale di categoria, firmato dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali più rappresentative, come ad esempio Confcommercio”.

Nei supermercati individuati dal sindacato, questa forma di contratto è stata applicata in alcuni casi a tutti i lavoratori, in altre a quelli di aziende create ad hoc per operare all’interno dei negozi. La Filcams ha inviato sia alla proprietà del marchio sia alla Confcommercio due richieste di incontro. “Perché la proprietà e l’associazione di categoria non intervengono per imporre ai propri soci-imprenditori l’applicazione del contratti collettivi di categoria da loro stessi concordati? E perché non rispondono così da poterci confrontare e risolvere il problema della doppia applicazione contrattatuale?” chiede Proietti.

Nel frattempo, decine di lavoratori continuano a prestare servizio per uno stipendio che si oscilla tra i 1.000 e i 1.100 euro, a fronte dei 1.300-1.400 dei colleghi che svolgono le stesse mansioni.

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