Clima impazzito, la pioggia non arriva: stop alla semina dei cereali nel Viterbese

Clima impazzito, la pioggia non arriva: stop alla semina dei cereali nel Viterbese
di Luca Telli
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Sabato 5 Novembre 2022, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 18:46

La siccità ferma le semine autunnali, stop alle coltivazioni dei cerali. È il primo effetto di un clima impazzito che alla scarsità di precipitazioni unisce temperature folli. «Se continuerà a non piovere saranno guai – spiega il presidente di Coldiretti Mauro Pacifici - : io ogni mattina guardo le previsioni e spero che venga giù un po’ d’acqua. Quest’anno terribile non la smette di riservarci sorprese».

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Per le prossime settimane ancora cielo terso. Nella Tuscia sono addirittura attesi picchi di 26 gradi con precipitazioni previste solo per la giornata di giovedì «troppo poco per pensare di seminare – spiega Pacifici – siamo in ritardo di almeno quindici giorni ma iniziare ora significa accettare un rischio troppo grande. Siamo nel mezzo della peggiore crisi del decennio, da mesi le aziende lavorano in perdita. Significa che alla pioggia che manca vanno sommati i costi per la lavorazione e la preparazione della terra triplicati con gli aumenti di gasolio e fertilizzanti». 

Le prospettive per la semina e la sua tempistica sono al momento rebus. Non ne fa mistero Pacifici che a domanda specifica risponde: «quando sarà possibile». E se la pioggia non dovesse cadere? «Allora si faranno delle valutazioni diverse». Risposte, forse le uniche possibili, in un clima in cui la crisi idrica non rappresenta l’unica preoccupazione degli agricoltori.

C’è il caro bolletta in primo luogo. Poi le temperature primaverili responsabili della presenza costante dei parassiti nelle campagne, del ricorso all’irrigazione di emergenza per preservare le colture in campo (con i costi che ne conseguono) e del risveglio di piante che dovrebbero essere a riposo, triste simbolo di un equilibrio andato in frantumi. 

«L’effetto immediato del caldo anomalo e di valori così grottescamente fuori stagione è quello dell’allungamento della fase vegetativa delle piante con il rischio di far ripartire le fioritura – spiega Pacifici – Questo significa esporle ai danni di un prevedibile abbassamento delle temperature, uno stress che quando non ne mina la sopravvivenza ne diminuisce il potenziale produttivo». Tradotto: raccolti i più scarsi e una possibile spinta all’aumento dei prezzi, già lievitati nell’ultimo anno.

Vittima della scarsità di acqua, per la quale anche Coldiretti invoca una maggiore collaborazione con i consorzi di bonifica e la costruzione di vasche di raccolta per l’acqua piovana, sono anche gli allevatori. 
«Le piogge di settembre ci avevano illuso. I pascoli erano tornati verdi e le imprese potevano respirare -conclude Pacifici -. e adesso siamo tornati al punto di partenza con l’alimentazione degli animali di nuovo affidata ai mangimi. Da sempre facciamo i conti con le incertezze del meteo ma ormai è evidente che il clima sta mutando rapidamente con conseguenze devastanti». 

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