Chiusura alle 18, la rivolta di bar e ristoranti: «Colpevolizzati come categoria: non siamo untori»

Chiusura alle 18, la rivolta di bar e ristoranti: «Colpevolizzati come categoria: non siamo untori»
di luca telli
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Martedì 27 Ottobre 2020, 08:44 - Ultimo aggiornamento: 16:13

 A 24 ore dall’entrata in vigore del nuovo DPCM che ha blindato le porte di bar e ristoranti alle 18, le imprese provano a salvarsi dal diluvio. I sentimenti oscillano tra rabbia, delusione e incredulità sulle note di un silenzio che avanza e dopo le strade si prende vicoli e strettoie.

Se il coprifuoco alle 22, ipotizzato una settimana fa, metteva paura, con un mese di restrizioni davanti e un alleggerimento dicembrino a cui nessuno crede fino in fondo, per i locali della movida e di San Pellegrino, parecchi dei quali con l’orario di apertura fissato proprio alle 18, è quasi una sentenza di morte.

«Ma non ci arrendiamo – spiega Manfredi Samperi del 77 –. Ieri siamo rimasti chiusi ma stiamo pensando a come organizzarci». Le ipotesi diverse: dal delivery potenziato all’aperitivo del pranzo «tradizione che si è un po’ persa negli anni e che possiamo provare a recuperare» continua Samperi.

 La possibilità di una chiusura totale fino al 24 novembre è l’ultima ratio, nella piena consapevolezza che gli incassi subiranno un pesante frenata al netto di spese per l’acquisto di materie prime, utenze e affitto che resteranno invariate. «Siamo rimasti due mesi a casa ed è stata una tortura per le attività e una guerra di nervi per noi – conclude Samperi – preferiamo fare almeno un tentativo».

Sulla stessa barca pub e ristoranti dove c’è chi, come Mario Di Dato chef del ristorante ‘O Sarracino di via Cavour, rilancia il servizio del pranzo e torna a scommettere su consegne a domicilio e asporto attraverso un' app.

Le critiche al DPCM furiose: «Scellerato è forse il termine più adatto, colpisce solo il settore Horeca, alza divieti ma non tocca neppure lontano dal cuore il problema – spiega Di Dato -  Abbiamo fatto un'estate da record, hanno incentivato ad uscire con i bonus vacanza, il virus era quasi sparito con i locali pieni. Ora che succede? È difficile capire che dipende da altro?». A far montare la rabbia la rapidità con la quale sono stati emanati i decreti: 3 solo a ottobre che annullano e insieme polverizzano gli investimenti di maggio imposti per ottenere il nulla osta per aprire. «Soldi, tanti soldi, spesi per garantire la sicurezza nostra, di dipendenti e clienti che ora rischiamo di perdere – spiega Michele Schirripa, titolare del Lab di piazza Verdi -  Questo decreto ci colpevolizza come categoria nonostante gli sforzi. Ci adeguiamo puntando sul pranzo ma non siamo che convinti che chiudere alle 18:00 possa essere la soluzione del problema».

Sul pranzo, poi, pesa fortissima l’incognita smart working che, già in primavera, aveva abbassato i flussi di cassa di ristoranti e bar con quest'ultimi costretti a stravolgere l’offerta puntando con forza sull’aperitivo serale, carta ora evaporata.  «Lo scenario è pessimo – dice Fabrizio Burla, titolare del ristorante bar le Meridiani di Bagnaia – equiparare bar e ristoranti, dove i posti sono assegnati e l’ambiente sanificato di continuo è assurdo. L’unica speranza è che serva davvero a fermare i contagi altrimenti sarà il buio».

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