Castello di Torre Alfina di nuovo all'asta, il Comune a Zingaretti: "Lo compri la Regione"

Il castello di Torre Alfina
di Federica Lupino
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Giovedì 1 Luglio 2021, 06:40

Le fortune della lussuosa dimora già residenza di Luciano Gaucci (al tempo patron del Perugia, oltre che della Viterbese) sono finite col crack che lo travolse. E così il castello di Torre Alfina, gioiello dell’alta Tuscia nel comune di Acquapendente, andò all’asta per la prima volta nel febbraio del 2010. Una vendita all’incanto a partire da una base d’asta di 10milioni di euro. Quella seduta andò deserta, così come le successive.

A fine 2013, è stato messo di nuovo sul tavolo del banditore al tribunale di Perugia. Questa volta, però, il prezzo base era inferiore di un quinto, ovvero pari a 8.319.000 per il primo lotto, quello più consistente. Ne faceva parte l’antico castello medievale nella frazione di Acquapendente, composto di 55 vani, con annessi corti, giardini, aree verdi. Un vero gioiello dalle mura in pietra e travertino, costellato da cinque torri, merlature di tipo guelfo e finestre bifore. E poi, c'erano i beni mobili (valore 319mila euro): statue, busti, vasi, mobili, dipinti.

Nel frattempo, i curatori hanno cercato di valorizzare il bene concedendolo come location per matrimoni da sogno e convegni, nonché aprendolo alle visite. Un modo per mantenere vivo il castello. Adesso, ennesimo tentativo di vendita: l’asta telematica a partire da 3 milioni di euro è in programma martedì 13 luglio.

Con un possibile colpo di scena, però: il sindaco Angelo Ghinassi ha chiesto alla Regione Lazio di acquistarlo “così da metterlo a beneficio della pubblica utilità”, specifica il primo cittadino.

L’idea è nata durante la recente visita del presidente Nicola Zingaretti proprio a Torre Alfina, in occasione del taglio del nastro per l'ostello della gioventù 'Casale Poderenovo'. “Come Comune abbiamo fatto quanto ritenevamo giusto per la comunità: istruire la pratica affinché la Regione faccia le sue valutazioni. L’interesse c’è e ci è stato confermato ma certo il tempo è tiranno: mancano – ragiona il primo cittadino – pochi giorni alla chiusura dei termini”. Se è vero che il bene è vincolato con divieto di farne un hotel o un ristorante, “nulla toglie che un privato lo acquisti per farne la propria dimora, chiudendo alle visite o alle iniziative culturali”, spiega Ghinassi. Perché il lieto fine venga scritto in questo vicenda travagliata, il tempo stringe. “Ma noi speriamo di riuscirci”, conclude.

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