Morte di Hassan, chiuse le indagini della Procura generale. Dopo 5 anni dal decesso del giovane egiziano, morto suicida nel carcere di Mammagialla, arrivano i primi 6 nomi iscritti sul registro degli indagati. Accusati, a vario titolo, di omicidio colposo e omissione di atti d’ufficio.
A rispondere delle accuse di omicidio colposo sono Roberto Monarca, responsabile di Medicina protetta, Pierpaolo D’Andria all’epoca dei fatti direttore del carcere di Viterbo, Elena Niniashvili medico di medica protetta e Massimo Riccio agente delle penitenziaria responsabile della sezione dell’isolamento. Rispondono di omissione di atti d’ufficio il direttore D’Andria e gli agenti della penitenziaria Daniele Bologna e Luca Floris.
Del caso se ne è occupata la Procura generale dopo che nei mesi scorsi ha avocato a sé il procedimento. Un passaggio “forzoso” chiesto a gran voce dai legali dei familiari di Hassan, avvocati Giacomo Barelli e Michele Andreano, che in quella morte avevano sempre avuto troppi sospetti e nessuna certezza. La procura di Viterbo che inizialmente si era occupata della morte del giovane aveva subito presentato una richiesta di archiviazione. Nessun reato rilevato. Ma l’insistenza, le denunce e soprattutto la visione di alcune telecamere presenti nell’istituto hanno fatto riaprire il caso, tanto da far scendere in campo la Procura generale. Col risultato di una conclusione di indagine con 6 indagati importanti.
Hassan Sharaf tenta di togliersi la vita il 23 luglio 2018 mentre si trova in isolamento.
«Cooperando tra loro - scrive la Procura generale - hanno cagionato, per colpa consistita in imprudenza, negligenza, e imperizia la morte di Hassan Sharaf». Condivide ll’esito della conclusione di indagini l’avvocato Barelli: «Ho appreso della conclusione indagini e penso che sia l’inizio di una storia, ma con 5 anni di ritardo. Sono state accolte le nostre eccezioni che abbiamo portato avanti con caparbietà e questo 415 bis smentisce il lavoro che aveva fatto la Procura di Viterbo che aveva chiesto l’archiviazione». Nelle prossime settimane potrebbe arrivare agli indagati la richiesta di rinvio a giudizio, che sarà poi sottoposta al giudice per l'udienza preliminare.