Bollette dell'acqua non pagate, Talete incassa 1,3 milioni di euro e invia altri 32mila avvisi a utenti morosi

Bollette dell'acqua non pagate, Talete incassa 1,3 milioni di euro e invia altri 32mila avvisi a utenti morosi
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Martedì 6 Agosto 2019, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 15:19
Bene, ma molto resta da recuperare. Dall’inizio della campagna straordinaria contro i morosi, partita a giugno, Talete ha incassato 1,3 milioni di euro. Ma la notizia è che circa il 40% di quanto recuperato è frutto di pagamenti volontari di quanti, venuti a conoscenza dell’iniziativa, sono andati a controllare le bollette e sono corsi a mettersi in regola, prima che i rubinetti venissero chiusi. «Si vede che l’operazione è in atto. Abbiamo un ritorno che in parte ci soddisfa: c’è un segnale da parte degli utenti, grazie al passaparola. Continueremo i nostri controlli», fa sapere il presidente della spa, Andrea Bossola. 

In questi giorni, stanno partendo alla volta di tutti i comuni soci altre 32mila tra diffide e costituzioni in mora per mancati pagamenti riferiti al 2018. Prima, Talete si era occupata dei crediti accumulati fino al 2017. In circa il 20% dei casi, a non pagare sono stati i cosiddetti “grandi utenti”. Per il resto, la società ribadisce massima attenzione per salvaguardare le famiglie in condizioni di disagio, come segnalate dai diversi servizi sociali sul territorio. 

«Ribadisco che questo lavoro di recupero del credito – continua Bossola – è previsto dalle regole secondo cui la copertura dei costi del servizio va garantita dalle bollette. Al momento, ci stiamo finanziando attraverso i fornitori ma questo processo, se non invertito, rischia di provocare il crollo del sistema». Il presidente lo ha ribadito ai sindaci in ogni occasione utile, come le assemblee dei soci: «La lotta ai morosi serve per rimettere finanziariamente in carreggiata l’azienda ed evitare il fallimento. Ma - ha detto - manca comunque la provvista di soldi per effettuare investimenti».

Non usa giri di parole Bossola: «Finora Talete non li ha potuti fare, ma le infrastrutture sottoterra stanno per cedere. Un collasso che potrebbe arrivare nell’arco di una generazione. Agli amministratori ho spiegato che se vogliono garantire acqua ai loro figli, la società va capitalizzata per poi chiedere risorse in prestito alle banche». Nei prossimi mesi i sindaci verranno chiamati a scegliere se e come intervenire: se decideranno di mettere fondi propri, la spa resterà pubblica; altrimenti, verranno cedute quote ai privati, in proporzione all’ammontare del loro apporto finanziario.
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