Beffa per Viterbo, esclusa dai ristori per le "città santuario"

Beffa per Viterbo, esclusa dai ristori per le "città santuario"
di Simone Lupino
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Domenica 14 Agosto 2022, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 17:50

Dieci milioni di ristori Covid per le “città santuario”, ma zero a Viterbo che di santuari ne vanta addirittura tre: Santa Rosa, Santa Maria della Quercia, Maria Liberatrice. Sembra un paradosso, ma è così.

Dopo due anni di stop il ritorno il prossimo 3 settembre del trasporto della Macchina rappresenta sicuramente il miglior viatico per tante attività - ristoranti, bar, pizzerie, alberghi, B&B – che vivono anche di turismo religioso. In maniera più diretta lo sarà per tanti artigiani viterbesi le cui creazioni, ispirate alla figura della santa, ma non solo, rappresentano vere e proprie opere d’arte. Attività che, immaginiamo, non avrebbero rifiutato un aiuto in più.

Si tratta, nel caso specifico, delle risorse previste dall’articolo 59 del decreto legge 19 maggio 2020, numero 104. La norma riconosce un contributo a fondo perduto ai soggetti esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A (centri storici) o equipollenti dei comuni ove sono situati santuari religiosi. Comuni che devono avere una popolazione superiore a diecimila abitanti e presenze turistiche straniere in numero almeno tre volte superiore a quello dei residenti.

Per presentare la domanda c’era tempo fino all’8 novembre scorso. Ma Viterbo in realtà non è stata mai in corsa, esclusa a monte dalla lista dei comuni beneficiari: 58 in tutto, indicati uno a uno nel modulo di istruzione per la presentazione delle domande. Ne fanno parte, solo per fare qualche esempio, San Giovanni Rotondo, Pompei, Padova, Olbia, Cefalù.

L’Umbria, per stare alle regioni più vicine, conta Preci, Cascia, Assisi e Orvieto. E poi in Toscana Montepulciano e Siena. Tutti comuni che sono legittimamente in lista. Nel Lazio solo Roma. Ma perché Viterbo no?

Partendo dell’elenco dei requisiti e andando per esclusione, è probabile che Viterbo sia “inciampata” sul terzo punto. Basta fare il calcolo: contando una popolazione di circa 66mila abitanti, per accedere ai fondi il capoluogo avrebbero dovuto superare il numero di circa 200mila presenze straniere in un anno. Secondo l’osservatorio turistico della Camera di commercio di Viterbo, le presenze straniere nel 2019 sono state 266.630, ma in tutta la provincia.

Si poteva applicare qualche deroga? Forse sì. Il requisito del numero degli abitanti, ad esempio, non si applica ai paesi interessati in passato da eventi sismici. Di certo per Viterbo si tratta di una beffa. Oltre ai tre santuari, Viterbo è anche la città dei papi, sede del primo conclave della storia e una delle tappe più importanti della via Francigena.
Ma esiste un turismo religioso consistente a Viterbo, tale da giustificare un ristoro? Sicuramente sì “Il turista nelle province del Lazio – si legge in un report Unioncamere pubblicato a luglio - è un turista abituale che torna volentieri sul luogo di vacanza in cui si trova bene mentre se il posto è nuovo si avvale di Internet e passaparola. Se intende, però, visitare Roma, si fa anche consigliare da agenzie di viaggi (come per Latina) e segue il calendario degli eventi religiosi (come per Viterbo e Rieti)”.

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