Auto dall'estero con fatture false, Marchetti: «Il problema è in Germania»

Tribunale
di Maria Letizia Riganelli
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Mercoledì 20 Marzo 2019, 07:05
«Non avevo la Vias per comprare auto all’estero, così mi sono appoggiato a Simone di Girolamo. Acquistava lui per me e io gli corrispondevo il 2 o 3% sulla vendita delle auto».
E’ il giorno di Elio Marchetti. L’imputato numero uno dell’operazione Déjà vu racconta la sua versione dei fatti.

L’imprenditore viterbese, noto alle cronache giudiziarie per i suoi guai con le compravendite di auto è alla sbarra, insieme a Domenico Sordo e Carla Corbucci, per associazione a delinquere a carattere transnazionale finalizzata alla commissione di reati contro la fede pubblica e il fisco. Secondo la Procura Merchetti & co avrebbero messo in atto dei veri e propri caroselli per lucrare sul fisco.

Se Marchetti è l’imprenditore Carla Corbucci è la dipendente, anche lei viterbese, che per Marchetti si occupava delle varie pratiche burocratiche. Mentre Domenico Sordo il gancio pugliese che grazie alla sua agenzie di pratiche auto riusciva a far a sbloccare le targhe. Lo scopo per gli inquirenti era uno: evadere l’iva delle auto importate dall’estero. I meccanismi per riuscirci, invece, erano molti.

 L’inchiesta, nominata Déjà vu, nasce nel 2016 e grazie ad accurati accertamenti e una mole di intercettazioni, fa finire dietro le sbarre sei indagati. Tre sono gli attuali imputati davanti al collegio. Gli altri invece hanno scelto riti alternativi.

«Non c’era nessun meccanismo strano – ha spiegato Elio Marchetti in aula -. I clienti venivano da me, sceglievano l’auto su alcuni siti internet. Io contattavo il fornitore e ordinavo l’auto. Il cliente chiedeva il contratto con noi pagandomi. E la società gestita da Di Girolamo materialmente comprava la macchina perché noi non potevano».

Una partita di giro di bonifici tra le società di Marchetti e di Di Girolamo. Marchetti risponde anche sull’accusa di evasione dell’iva.
«Per le pratiche di nazionalizzazione ci siamo rivolti all’agenzia di Foggia perché era la più veloce. Impiegava una settimana. Nel resto d’Italia due mesi. Non volevamo tenere capitali fermi. Quello che faceva Sordo però l’ho saputo solo dopo. Non so niente della falsificazione delle fatture per l’iva. Perché il problema non è qui ma in Germania. I tedeschi hanno targhe personalizzate e il libretto di circolazione è diverso dal nostro. Non ci sono segnati tutti i nomi dei proprietari precedenti».
 
 
 
 
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