Alla vigilia del centenario della nascita (Bologna, 5 marzo 1922) comincia a risuonare il nome di Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, regista, polemista e altro ancora.
Il più lesto a confezionare un evento su Ppp è Ascanio Celestini (attore teatrale, regista, scrittore) che oggi (Tarquinia, Teatro Falk, ore 21) è in scena con “Museo Pasolini”. Un testo che affastella le testimonianze di uno storico, uno psicanalista, uno scrittore, un lettore, un criminologo, un testimone che l’ha conosciuto, e pone due domande: qual è il pezzo forte del Museo? Quale oggetto e/o pagine dobbiamo cercare?
Forse la sua prima poesia, scritta a 7 anni, dove compaiono “rosignolo” e “verzura”. O delle “Ceneri di Gramsci”. O il film “Il Vangelo secondo Matteo”. O l’ultima sua pellicola, “Salò o le 120 giornate di Sodoma “, girata alla vigilia della tragica morte (2 novembre 1975) all’Idroscalo di Ostia. Le risposte a tante domande le fornirà lo stesso Celestini, inimitabile affabulatore.
Ma lo spettacolo potrebbe al contempo rappresentare il “la” di iniziative che ricordino il lungo e proficuo rapporto che lo Ppp intrecciò con la Tuscia, anche a livello di battaglie di “progresso”, come quella legata all’istituzione dell’ateneo statale. Un rapporto che sostanziò nelle immagini di suoi film più celebrati: “Uccellacci e uccellini” (1966) con Totò e Ninetto Davoli, girato a Tuscania; il “Decameron” (1971): nell’episodio dove Andreuccio da Perugia e due ladri entrano per depredare la tomba di un vescovo compare la Basilica di Castel Sant'Elia.
E poi il citato “Vangelo” (1964) a Chia, la piccola frazione di Soriano nel Cimino, dominata dalla torre del Fosso Castello, scoperto proprio per girare – tra le acque del torrente sottostante – la scena del battesimo di Gesù e poi acquistata nel 1970.
L’amore esclusivo per Chia fu scolpito in due poesie: «Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,/ che io vorrei essere scrittore di musica,/vivere con gli strumenti/ dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,/ nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto/sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta/innocenza di querce, colli, acque e botri…».