Inchiesta Birindelli-Gianlorenzo:
tutti i veleni dalle intercettazioni

L'ex assessore Birindelli con l'ex presidente del Lazio, Polverini
di Silvana Cortignani e Alessia Marani
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Mercoledì 24 Luglio 2013, 22:21 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 21:59
VITERBO - Nani” e “porchettari”, dipendenti scomodi da eliminare, i soldi da far girare al Vinitaly da destinare agli “amici”, il giornalismo usato o messo al servizio - a seconda dei casi - della politica più bieca. L’informativa della Procura che accompagna la conclusione delle indagini per gli undici indagati nell’inchiesta sulla “macchina del fango” traccia uno scenario spietato e squallido, fatto di beghe personali e ripicche, che letti al nudo delle intercettazioni telefoniche dipingono una città di “tutti contro tutti”.

IL NANO



Oppure “codardo”. È Francesco Battistoni. Lo chiamano così parlando al telefono l’ex assessore regionale all’Agricoltura Angela Birindelli e l’ex direttore de l’Opinione, Paolo Gianlorenzo. Per gli inquirenti è proprio Battistoni il «denominatore comune dei due soggetti». Attaccarlo è il loro scopo. Tanto che lei il 7/3/2012 esulta leggendo alcuni articoli che lo prendono di mira: «Bella operazione», dice a Gianlorenzo esortandolo a trasmettere la rassegna stampa alla segreteria della presidente Renata Polverini.

DOPPIOGIOCO



Evidenziando la condotta «dolosa e premeditata» della Birindelli, scrivono i poliziotti della Stradale che hanno condotto le indagini, la stessa «si preoccupa volutamente di nascondere il “patto” ad altri personaggi, quali ad esempio Giulio Marini (ex sindaco, ndr)». In una telefonata del 3/3/2012, parlando proprio con Marini, la stessa «asserisce che Paolo Gianlorenzo è un pazzo che è preoccupata per ciò che questi potrà riferire alla Polverini durante l’incontro descritto, commentando altresì che lei si dissocia dalle iniziative intraprese dal giornalista e che, qualora interpellata in merito alla sua amicizia con il direttore del giornale, negherà tutto».

DIPENDENTI SCOMODI



Per gli amici di Battistoni niente pietà. Così Birindelli pretende e ottiene il trasferimento del dipendente Arsial Stefano Bizzarri «gravitante nell’orbita di Battistoni e consigliere di minoranza a Bagnoregio, del cui sindaco Bigiotti lei è amica». «Non lo voglio vedè più», dice di Bizzarri in una delle telefonate tra lei e il commissario straordinario Erder Mazzocchi, anche lui indagato. «Io sparo su lui, su Marini, su Fioroni, questa è una cosa personale, io non lo voglio, deve morì». E se la prende pure con un impiegato dell’ufficio tecnico di Bolsena, la sua città. Scrive la Procura: «L’indagata ha presentato un progetto che è stato rigettato; di tale circostanza ne parla con Paolo Equitani. Equitani replica che il Comune di Bolsena ha respinto anche un suo progetto e che per tale motivo provvederà a togliere l’incarico alle persone responsabili dell’Ufficio Tecnico».

L’AFFAIRE VINITALY



Birindelli, si legge ancora, «non ha esitato a esercitare pressioni in considerazione della carica istituzionale rivestita» per l’organizzazione del Vinitaly. «Allo scopo di imporre (...) delle ditte a lei vicine, violando da un lato tutta la normativa che regola la concessione di appalti in tale campo, utilizzando l’azienda regionale Arsial a tale scopo e dall’altro tentando di distrarre dei fondi dal bilancio di tale azienda per coprire le spese necessarie all’organizzazione della manifestazione». In particolare le ditte amiche sarebbero riconducibili all’imprenditore Giuseppe Fiaschetti (anche lui indagato), allora presidente della società calcio Viterbese e «nell’orbita politica di Giulio Marini». Ditte per cui fa pressioni «arrivando a minacciare il blocco dei pagamenti all’ente Verona Fiere». Specificano gli inquirenti: «Tutto ciò non verrà portato a termine per la rigida presa di posizione dell’ente organizzatore che addirittura manifesta il proprio disappunto per le pesanti ingerenze dell’assessore alla presidente Polverini».

IL PORCHETTARO



Un altro bersaglio da colpire per Gianlorenzo era Piero Camilli, ex presidente del Consiglio provinciale, reo di non avere fatto costruire una centrale a biomasse, impedendone i profitti a due imprenditori con interessi nell’Opinione. Su di lui comincia a raccogliere informazioni tirando in ballo anche l’amico Luciano Rossini (altro indagato), dipendente dell’Agenzia delle Entrate. A lui in una telefonata del 2/3/2012 chiede se è a conoscenza di un importo contestato al «porchettaro».



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