Ambulatorio irregolare alla cittadella di Civita, giro da 3 milioni di euro: Asl pronta a costituirsi parte civile

Finanza
di Maria Letizia Riganelli
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Mercoledì 31 Maggio 2023, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 18:40

Visite specialistiche senza pagare le tasse e senza avere l’autorizzazione, la Asl di Viterbo pronta a costituirsi parte civile. Ci sarebbero anche 5 medici dell’azienda sanitaria locale tra i 12 professionisti finiti sul registro degli indagati della Procura, professioni per cui il gip ha già chiesto il rinvio a giudizio. Il procedimento per truffa aggravata e associazione a delinquere è frutto dell’operazione Panacea della Guardia i finanza di Civita Castellana.

A luglio del 2020 le fiamme gialle iniziarono a indagare su un “giro” di visite specialistiche che venivano pubblicizzate tramite volantini nella cittadella della salute di Civita Castellana. Secondo quanto ricostruito gli specialisti utilizzavano gli ambulatori di alcuni medici di base per ricevere pazienti. Insieme avevano realizzato una sorta di poliambulatorio fantasma all’interno della cittadella. Fantasma, ma isolamento per l’erario e le direzioni sanitarie di cui i professionisti erano dipendenti.

Secondo l’accusa i medici di famiglia avrebbero consentito l’esercizio non autorizzato ai loro colleghi, venendo meno ai loro obblighi di medici convenzionati con il sistema sanitario nazionale. Gli specialisti (dall’oculistica alla ginecologia), invece, sarebbero tutti dipendenti di strutture pubbliche e non sarebbero stati autorizzati dalle proprie Asl (Umbria e Lazio) allo svolgimento di attività privatistica, tanto che percepiscono indennità di esclusiva.

L’oculista di turno e il ginecologo quando lo studio del medico di famiglia era libero riceveva pazienti, così facevano tutti gli altri. Stabilendo una sorta di turni per sfruttare al massimo spazi e tempi.

Una truffa che, secondo le indagini della Guardia di finanza, supera i tre milioni di euro e sarebbe stata perpetrata per anni. «I medici ospedalieri – spiegano le fiamme gialle – hanno la possibilità di esercitare privatamente la propria professione ma, per farlo, sono soggetti a un’autorizzazione del proprio ente di appartenenza. L’esclusività del rapporto d’impiego viene premiata da un’indennità compresa tra i 1065 e i 1421 euro al mese. Nel caso di svolgimento della libera professione, invece, sono tenuti a versare una percentuale di quanto riscosso dai pazienti all’ente di appartenenza. Inoltre – conclude la finanza – l’autorizzazione da parte della Asl può essere concessa esclusivamente per prestazioni erogate in studi medici privati e non in quelli convenzionati con il sistema sanitario nazionale». Ed è qui che si sarebbe consumata la truffa, che avrebbe portato a un conseguente danno erariale. Del caso infatti si è occupata anche la Corte dei Conti che due anni fa ordinò un sequestro conservativo di immobili per due milioni e settecentomila euro.

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