“Manca almeno il 20% della manodopera. E in maggioranza si tratta di stranieri che non si trovano”. Oltre alla siccità che preannuncia di mettere a dura prova le colture del Viterbese, come nel resto d’Italia anche in provincia un’altra spada di Damocle pende sull’agricoltura (con conseguenze anche sui prezzi dei prodotti al consumo, non a caso in continua crescita). Fortunato Mannino, segretario della Cisl, raccoglie gli allarmi e le preoccupazioni di un settore trainante dell’economia locale per avvertire: “L’agricoltura è un pilastro per Viterbo, insieme al turismo e all’enogastronomia. Manca però il personale per raccogliere le colture che andranno a maturazione nelle prossime settimane e in estate”.
Braccia rubate all’agricoltura, si dice spesso in torno sprezzante verso il comparto. E invece Mannino ricorda come “stiamo parlando di un settore che presenta delle eccellenze capaci di emergere a livello nazionale e di fare scuola, nonostante le difficoltà”. Difficoltà che, se in parte dipendono dalle precisazioni troppo esigue per dissetare le colture, dall’altra sono frutto di politiche quantomeno poco lungimiranti.
Come quelle sui flussi migratori. “La manodopera in agricoltura è costituita in maggioranza da stranieri. La stagionalità del settore certo non aiuta ma il vero nodo è la legislazione e l’incapacità di fidelizzare i lavoratori.
Per il sindacato a Viterbo c’è anche un’arma in più. “Abbiamo una facoltà di Agraria tra le più radicate e importanti d’Italia. In questo senso, l’Università della Tuscia dovrebbe essere sfruttata dagli imprenditori locali per attrarre giovani e investire anche sulla manodopera a lungo termine. Invece – chiude con una vena polemica – anche nel Viterbese sembra che sia sempre più di moda imboccare scorciatoie quali cedere i campi per installare pannelli fotovoltaici, anziché per coltivare”.