Raccolta prodotti agricoli nel Viterbese, la carenza di lavoratori stagionali spinge in alto i prezzi `

Raccolta prodotti agricoli nel Viterbese, la carenza di lavoratori stagionali spinge in alto i prezzi `
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Mercoledì 10 Agosto 2022, 12:18 - Ultimo aggiornamento: 17:39

Campagne a rischio caos, mancano lavoratori stagionali: secondo una stima quasi il 15 per cento. «Un'altra legnata per le imprese che si aggiunge una serie infinita di problemi con i quali stiamo combattendo da un anno spiega il presidente di Coldiretti Mauro Pacifici - e che minaccia di compromettere le raccolte».

La causa di questa situazione ha varie origini. Uno è il ritardo del decreto flussi, che solo a stagione in corso ha iniziato a far arrivare i lavoratori previsti. «Un problema serio perché si tratta di manodopera specializzata, richiamata ogni anno più o meno dalle stesse aziende agricole, mentre i lavoratori che arrivano in altro modo devono essere formati da capo spiega ancora Pacifici -. Da diverse settimane la situazione è comunque in miglioramento grazie agli sforzi di questura e prefettura che stanno facendo tutto il possibile per accelerare la lavorazione delle pratiche».

Il peso della manodopera straniera è del resto vitale nel settore primario: nel Lazio il 56,9 per cento degli impiegati in agricoltura non è italiana. C'è poi un altro ostacolo, quello generato dalla radicale revisione degli obblighi dei datori di lavoro sull'informazione ai dipendenti in occasione dell'assunzione. Spiega Coldiretti in una nota: «Si tratta di una modifica che complica e rallenta la procedura, tanto per gli italiani quanto per gli stranieri, proprio nell'imminenza delle grandi campagne di raccolta. Prima era sufficiente consegnare al lavoratore la comunicazione online mentre ora è necessario trasmettere così tante informazioni cartacee da arrivare quasi a dover riprodurre l'intero contratto collettivo.

Il sistema agricolo avrebbe bisogno di misure concrete per ridurre, e non aumentare, la burocrazia e contenere il costo del lavoro con una radicale semplificazione che possa garantire flessibilità e tempestività».

L'assenza pressoché totale di operai specializzati rimasti sul mercato, e con la manodopera alle prime armi che comunque scarseggia, il pericolo è che molti ortaggi rimangano in campo. Una spirale che una volta innescata è in grado di portare sconquassi per imprese e consumatori: da una parte infatti genera l'erosione del capitale aziendale a causa delle mancate vendite, dall'altra spinge ancora più in alto il prezzo al dettaglio dalla mancanza di prodotto sull'onda speculativa.

Prodotto di cui i campi sono già avari per effetti degli aumenti di carburanti, fertilizzanti e siccità. Secondo una stima Coldiretti infatti nel Lazio il calo sarebbe imponente: 45% per il mais e i foraggi che servono all'alimentazione degli animali, 20% per il latte nelle stalle, 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 della produzione di frumento tenero e 15% per la frutta ustionata da temperature di 40 gradi. Numeri che nella Tuscia, la provincia insieme a Roma che ha più sofferto la stagione siccitosa, potrebbero essere addirittura amplificati.
 

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