Viterbo, la ricerca del litio nel sottosuolo è incompatibile con le terme

Viterbo, la ricerca del litio nel sottosuolo è incompatibile con le terme
di Simone Lupino
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Mercoledì 6 Luglio 2022, 05:15 - Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 15:12

Parere negativo della direzione regionale Ciclo rifiuti (Area attività estrattive) alla ricerca di litio nel sottosuolo del comune di Viterbo: questo genere di attività – dice il documento - è incompatibile con le sei concessioni termali esistenti nel capoluogo della Tuscia (Zitelle, Bagnaccio, Bullicame, Paliano, Terme Romane Bacucco, Oasi). Tutte, infatti, sono ricomprese nell’area di 5983 ettari del progetto denominato “Ferento”, per il quale la società Energia Minerals Italia (Emi) del gruppo australiano Altamin ha presentato in data 23 maggio “istanza di assoggettabilità al procedimento di Via”.
Il parere della direzione Aree estrattive è stato inviato il 22 giugno all’Area di Valutazione impatto ambientale della stessa Regione, ufficio, questo ultimo, presso il quale è incardinato il procedimento. E rappresenta la posizione di una struttura interna alla Regione. La lettera, come si legge nell’intestazione, è stata indirizzata per conoscenza anche alla società proponente, e a tutti i titolari di concessioni termali: Comune di Viterbo per Zitelle, Bagnaccio, Bullicame; Fenis Immobiliare (Oasi); Free Time (Paliano); Ferdinando Ciambella (Terme romane Bacucco). L’atto si fonda su alcuni articoli del regio decreto numero 1443 del 1927. “Le acque minerali e termali – riporta il parere della Regione - sono risorse minerarie, pertanto si ritiene che il permesso di ricerca in questione non rientri tra i permessi autorizzabili, in quanto i nuovi lavori risultano incompatibili con le concessioni esistenti, considerato che le sostanze ricercate (fluidi geotermici da cui estrarre litio) entrano in contrasto con le risorse oggetto delle concessioni citate”.
Il progetto, come ormai noto, riguarda “la ricerca per litio contenuto in brine di origine geotermale”. Ma perché proprio il litio? E soprattutto perché proprio Viterbo? A rispondere alle due domande è la stessa Emi nello studio preliminare ambientale: “L’uso del litio fino a qualche decennio fa ristretto alla produzione di lubrificanti, vetro, ceramiche e applicazioni mediche, ha assunto grande importanza per la produzione di batterie in associazione con altri elementi, diventando così una risorsa strategica a livello globale”. In merito al secondo quesito, lo studio spiega che “ i distretti vulcanici cimino e vicano e l’area di Viterbo sono considerati di grande interesse geotermico”. Ma più in generale è tutta la zona al confine tra Toscana e Lazio ad attrarre interesse per le sue caratteristiche geologiche e per le attività di ricerca in ambito geotermico, svolte in tempi più o meno recenti. Lo studio poi specifica che “i lavori previsti in questa fase si svilupperanno nell’arco di due anni e non comportano alcun impatto ambientale perché sono basati essenzialmente su attività di ricerca di dati storici relativi a sondaggi eseguiti in passato. Si è avuta cura inoltre a tracciare i limiti di permesso in modo da escludere totalmente le zone protette presenti nell’area di progetto”.
Istanze simili da parte della stessa società riguardano in provincia di Viterbo un’area di 1213 ettari a cavallo tra il comune di Nepi e il territorio di Campagnano di Roma, e una superficie di 913 ettari tra Latera e Valentano.

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