Tesori della Turchia, i colossi in pietra del monte Nemrut tra misteri e indagini hi-tech

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(Servizio di Laura Larcan - Montaggio video Francesco Toiati)

Il grande re Antioco, e Zeus sommo dio degli dei, Apollo che porta la luce, e il potente Ercole. L’emozione è forte al cospetto delle gigantesche teste scolpite nella pietra arenaria che da quasi 2100 anni dimorano sulla cima del Monte Nemrut protette dall’aquila, simbolo del potere del cielo, e dal leone, forza della terra. Il silenzio avvolge questo sito archeologico gioiello della Turchia, incastonato a quasi 2200 metri d’altezza nel cuore dell’Anatolia dell’Est, nel distretto della città di Adıyaman, in terra mesopotamica bagnata dall’Eufrate, che celebra quest’anno i 35 anni dall’iscrizione nella lista del patrimonio Unesco.

E la bellezza ipnotica di questi titanici volti scultorei che riproducono Antioco I sovrano del regno ellenistico di Commagene (che fonde origini persiane e macedoni) e le altre divinità, non fa che suggerire domande e contemplazione. Lo sanno bene i fiumi di visitatori che ormai in un pellegrinaggio laico mistico settimanale raggiungono la vetta lungo i sentieri che scalano la montagna. Un sito-fenomeno, riscoperto sulla scia del successo della serie Netflix The Gift-Atiye, dove le vicende sono ambientate proprio tra i siti archeologici di Nemrut e Göbekli Tepe.

D’altronde, qui aleggia ancora uno dei misteri più fitti dell’archeologia, legato alla tomba del re Antioco I. Impossibile da scavare per la tipologia costruttiva perché ricoperta da un tumulo di cinquanta metri d’altezza di blocchetti di pietra calcarea per un volume totale di trentamila metri cubi, e che quindi rischiano di collassare appena si toccano. Il monumento può essere solo indagato con l’aiuto della tecnologia. L’ultima impresa dei ricercatori, allora, ha messo in campo droni dotati di laser scanner e sistemi di geolocalizzatori per arrivare lì dove la mano e l’occhio umano non possono. è stata così realizzata una mappa sotterranea del tumulo che ha intercettato una serie di punti chiave riferibili a cavità, non altro che spazi vuoti probabilmente interpretabili come condotti, forse tunnel o ambienti.

La coreografia di sculture monumentali (fino a dieci metri d’altezza) sulle terrazze est e ovest sono considerate come le rovine più spettacolari del periodo ellenistico. Raggiungere la tomba di Antioco (re che nel I secolo a.C. tenne testa all’espansionismo romano) è un viaggio in un paesaggio capace di toccare l’animo. Manti di rocce calcaree rivestono come una epidermide i profili di un canyon, lungo cui corre la strada per raggiungere la vetta. Ci si lascia alle spalle il ponte di Settimio Severo straordinariamente conservato. Poi, inizia la salita. Un chilometro tortuoso che serpeggia tra le increspature della montagna. Il pomeriggio è il momento più bello. Vale tutta la scalata per conquistare un posto in prima fila sulla terrazza ovest per seguire la parabola del tramonto.