Olimpico, così lo stadio passa in 12 ore dal rugby al calcio e viceversa: il time lapse del record

EMBED

di Paolo Ricci Bitti

Puntuale come ogni solstizio d'autunno, ecco la polemica sulla convivenza fra calcio e rugby allo Stadio Olimpico con i calendari che chiedono al prato e agli organizzatori di fare gli straordinari. Quattro partite in 9 giorni: il calcio il 4 novembre con Roma-Bodo Glimt (Conference League), il 6 il rugby con Italia-Nuova Zelanda (gli All Blacks, e abbiamo detto tutto) poi tocca di nuovo al calcio il 7 con  Lazio -Salernitana e il 12 con Italia-Svizzera.

Quattro partite in 9 giorni? Ecchesaramai, una bagattella: l'anno scorso furono 4 in 8 giorni e 3 in meno di 4 giorni, mentre nel 2015 se ne contarono 5 in 8 giorni, con l'allora Coni Servizi che accontentò Uefa, Lega Calcio di serie A e Comitato organizzatore del Torneo delle Sei Nazioni.

Lo stadione e chi l'amministra hanno dimostrato da anni di poter accogliere tutti insegnando anche alla concorrenza, ad esempio lo Stade de France, come si fa a gestire un grande impianto sportivo. Il 12 febbraio 2012, debutto del Sei Nazioni all'Olimpico dopo l'infanzia al Flaminio: sotto una nevicata davvero storica per Roma va in onda senza fare una piega Italia-Inghilterra con 56mila spettatori: la partita era sold out ma gli altri fedeli non ce la fecero proprio ad arrivare a Roma. La sera di quello stesso giorno a Parigi era prevista Francia-Irlanda: manco nevicò quel giorno a Saint-Denis, ma la partita fu rinviata per ghiaccio.

 

Da quell'anno Coni Servizi e poi Sport e Salute (gli addetti sono sempre quelli) migliorarono sempre i tempi del cambio di assetto dello stadio da rugby a calcio e viceversa: dalle iniziali 36 ore sono scesi a 12 ore. Cinquanta i tecnici che, divisi in tre squadre, cambiano volto all'impianto.

Il record di velocità nel cambio di assetto dell'Olimpico è unico per quanto riguarda gli impianti di queste dimensioni. Una struttura che, pandemìa di Covid a parte, può arrivare a ospitare 74mila persone nel caso del rugby, che non richiede spazi vuoti e divisioni fra i tifosi in tribuna e nemmeno lo schieramento di forze dell’ordine dentro a fuori lo stadio.

Ci sono tre squadre di "titolari" che si occupano contemporaneamente del cuore dello stadio (il prato); del montaggio di porte, panchine (nel rugby non servono), cartellonistica (ogni sport ha la sua), tracciatura e cancellatura delle righe e delle immagini pubblicitarie e infine della pulizia delle tribune. Un altro esempio:  domenica 15 marzo 2015 sotto la pioggia si è giocatoItalia-Francia per il Sei Nazioni e il giorno dopo Roma -Sampdoria per il campionato.

Attorno al campo lo stratagemma che ha reso visivamente meno lontano dalle tribune il rettangolo da gioco: oltre 2.500 metri quadrati di erba sintetica che coprono la pista di atletica: un’idea sperimentata per il rugby nel 2012 e poi confermata per il calcio.

I tecnici addetti al montaggio delle porte sono poi riusciti a mimetizzare alla perfezione i basamenti e non era facile perché quelle per il rugby arriverebbero al quinto piano di un palazzo se fossero alzate in una via cittadina.

Foto del 2018 da Coni Servizi, video da Federugby.it, montaggio di Mino Ippoliti