Walter Veltroni e la nuova vita da regista: «Con il cinema esprimo il mio impegno civile»

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di Gloria Satta

«Tornare alla politica? Ma io non l'ho mai lasciata. Ci sono tanti modi per esprimere l'impegno civile. E il mio, oggi, è il cinema». È un Walter Veltroni piuttosto emozionato quello che presenta il suo nuovo film C'è tempo, il primo di finzione dopo tanti documentari, nelle sale il 7 marzo con protagonisti Stefano Fresi, la cantante jazz Simona Molinari al debutto come attrice, gli adolescenti Giovanni Fuoco e Francesca Zezza. Nella sua nuova vita da regista, a 63 anni, l'ex leader del centrosinistra ed ex sindaco di Roma ha immaginato una delicata storia on the road in cui il quarantenne precario Fresi, osservatore di arcobaleni, scarrozza attraverso l'Italia «dimenticata dalle autostrade» tra Parma, Vignalella, San Casciano con puntate a Roma e Parigi, un fratello tredicenne appena conosciuto (Fuoco) e abissalmente diverso da lui: tanto l'uomo è irruento e instabile, «un magnifico caos», tanto il ragazzino è maturo, colto e fin troppo presente a se stesso. L'adulto imparerà a voler bene al piccolo mentre l'incontro con una cantante (Molinari) e sua figlia (Zezza) gli farà riscoprire il piacere di innamorarsi.

BUONI SENTIMENTI
«Scambio umano, accettazione del diverso, ascolto dell'altro: sono questi i temi rivoluzionari del mio film in un periodo storico dominato da muri, contrapposizioni frontali, insulti», spiega Veltroni, indicando il significato politico che s'intravvede in filigrana dietro l'impianto poetico di C'è tempo, una commedia sentimentale, o meglio una favola, che strappa al pubblico anche molte risate. E, a proposito dell'attualità, il regista accetta di commentare le primarie del Pd: «La grande affluenza alle urne rappresenta un segnale di luce, e io ho paura del buio come della perdita della speranza», spiega. «Se la gente vota è un fatto positivo. L'opposizione, di qualunque segno, è l'essenza della democrazia: mi auguro che esista e si manifesti anche quando tornerà a governare il centrosinistra». Pausa. «Gli italiani hanno voglia di ritrovarsi e riscoprire il valore della condivisione al di là dei tweet. Viviamo in tempi di one-man show e bisogna tornare alla dimensione collettiva. Oggi invece la politica è ripicca, ring quotidiano e appena 500 tweet sopra le righe diventano, con la complicità dei media, l'opinione della maggioranza. Ma il Paese è un'altra cosa».

GIOCO DI SQUADRA
Della sua prima vita di politico, aggiunge, ha trasferito nel cinema «la voglia di fare squadra e la capacità di motivare le persone: sul set ci siamo divertiti, poi è stato triste lasciarsi». E se qualcuno gli rimproverasse l'eccesso di buoni sentimenti? «Di questi tempi, lo ripeto, certi valori sono rivoluzionari. E poi io sono fatto così, qualunque sfida affronti sono destinato a portarmi dietro la mia personalità». C'è tempo rende omaggio al cinema dei grandi: Veltroni ha disseminato la storia di una cinquantina di citazioni, da Novecento che i protagonisti guardano in tv al vero elmo di Brancaleone, dalla padella della Grande Guerra ai nomi dei personaggi rubati agli eroi delle commedie del passato, dalla pistola di Dillinger è morto fino a Laura Efrikian, «icona di una stagione cinematografica importante nella mia formazione», spiega Walter. Per finire con il tenero cameo di Jean-Pierre Léaud, l'attore-feticcio di François Truffaut, oggi 74enne. «In questo mio primo film di fiction», rivela il regista, «ho voluto ringraziare chi ha nutrito il mio immaginario, cioè gli autori della grande commedia italiana che ha saputo raccontare il Paese».

CORAGGIO
E oggi, secondo lui, ci vuole più coraggio a fare politica o a fare cinema? «Si tratta di due linguaggi non incompatibili. Ho conosciuto tanti registi animati dall'impegno civile e altrettanti politici che non rinunciavano a leggere, andare al cinema ascoltare la musica». Il cinema è in crisi «per tanti motivi, uno dei quali è la scarsa educazione alla sala. Roma, il bel film di Alfonso Cuaròn, è diverso se visto in tv o in un cinema». Ma Veltroni non si schiera contro Netflix e le altre piattaforme che investono nella produzione. «Si fatica ad immaginare di frenare questa nuova realtà», dice. «Bisogna semmai mettere in atto delle azioni positive a sostegno delle sale». I giovanissimi protagonisti di C'è tempo sono stati scelti durante le riprese del documentario I bambini sanno. «I piccoli sono molto più ricchi interiormente di quello che pensiamo e io stesso sono rimasto un po' bambino». Il regista aspira a «un grande pubblico non necessariamente intellettuale, quello a cui si rivolgevano i grandi del passato». Del suo film, vorrebbe che venisse sottolineata la leggerezza «intesa alla maniera di Italo Calvino: levità di sguardo che non esclude la profondità». Continuerà a dirigere: «Il prossimo film sarà una storia immaginaria ma ancorata alla realtà». Per che cosa c'è tempo, oggi? «Per immaginare il futuro, per non perdere la speranza».