Vanessa Kirby e Ellen Burstyn per Pieces of a Woman: «Le attrici del passato? O prostitute o vittime»

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Dopo il successo alla Mostra del Cinema di Venezia (valso la Coppa Volpi alla protagonista Vanessa Kirby) Pieces of a Woman arriva su Netflix. 


Una coppia di Boston deve affrontare uno degli eventi più traumatici che un essere umano possa provare nella sua vita, quello della perdita di un figlio. La scelta di partorire in casa ha infatti un risvolto tragico per la coppia dormata da Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia LaBeouf). La decostruzione in pezzi e la ricostruzione di sé stessa passerà per Martha anche nello scontro con la made dispotica, interpretata da un'incredibile Ellen Burstyn (L'esorcista, Requiem for a Dream, Alice non vive più qui )


Durante le video interviste, realizzate in occasione del junket europeo, abbiamo chiesto alle due attrici del rapporto tra madri e figli e di come si possa superare una soluzione così dolorosa come la perdita raccontata in Pieces of a Woman.


Vanessa Kirby «Il film racconta proprio di come va in pezzi un essere umano quando succede una cosa del genere, di come reagiamo, della nostra identità, e del processo di reazione a questa avversità, di come ricostruisci te stesso mettendo insieme i pezzi di te, per questo il film si chiama così. Ognuno di noi affronta delle perdite, delle situazioni difficili che tendenzialmente ti fanno crescere, ma non sempre, però richiedono tanto impegno per essere superate, inoltre credo che distruggano anche la proiezione che hai di te.  Ad esempio per il mio personaggio, Martha, lei pensa sempre di dover essere forte come sua madre, e lo pensa livello inconscio, e credo che sia un passaggio che devono affrontare tutte le figlie con le proprie madri. Sono un appassionata di epigenetica, il modo in cui siamo nati all'interno dell'utero di nostra madre ci suggerisce l'idea che siamo fatti della stessa sostanza delle nostre madri, per questo dobbiamo uscire fuori a trovare la nostra identità. Lo affrontiamo tutti nelle nostre vite».


Ellen Burstyn «La relazione madre figlia sia molto complicata, recentemente mio figlio mi raccontava del rapporto fra mia nipote e sua madre, sottolineando proprio come fosse complesso, e sono d'accordo con lui credo proprio che lo sia».


Grande attrice da oltre quattro decadi la Burstyn ha recentemente dichiarato, in un'intervista rilasciata a Variety, di come oggi siano disponibili ruoli diversi e complessi per le attrici a ogni livello della propria carriera: «Negli anni '40 e '50 tutti ruoli da protagonista erano dedicati agli uomini, mentre quelli per le donne. Erano o le donne che stavano a casa, con la cioccolata pronta quando i mariti tornavano dopo aver salvato il mondo, o erano prostitute, sempre dal cuore d'oro ovviamente, oppure erano le vittime. E questo è andata avanti fino agli anni '60, anche '70. Poi sono cominciate a cambiare le cose con i primi film, con un punto di vista femminile, e adesso ci sono anche molte più donne, che sono produttrici, o registe. Adesso abbiamo molte più storie raccontate da un punto di vista femminile».


Il film ha fatto il suo debutto internazionale alla passata edizione della Mostra del Cinema di Venezia, una delle poche manifestazioni cinematografiche ad essersi svolte in presenza nel 2020, e questo ha toccato profondamente il regista Kornél Mundruczó: «La Mostra del Cinema è stata completamente folle, spiritualmente è stata bellissima la premiere di Venezia. Viviamo ancora in un oceano di pandemia, e Venezia è stata un'isola dove tutti sono accorse per celebrare il cinema. Sai quando c'erano le proiezioni, non erano semplici proiezioni, era anche una manifestazione del poter stare di nuovo tutti insieme, anche il poter guardare di nuovo un film insieme al cinema, valori umani che davamo per scontato prima della pandemia e che sono diventati ancora più importanti adesso che gli abbiamo persi. Il messaggio del covid è questo, dobbiamo godere e apprezzare i nostri valori umani comuni, che tendiamo facilmente a dimenticare, come quando andavamo a una proiezione solo per odiare un film. Questa cosa per fortuna si è persa, perché si cercava di più l'approccio umano a Venezia. Sono incredibilmente grato di aver avuto l'opportunità di un'anteprima mondiale, fisica, a Venezia. Da allora non faccio altro che stare seduto qui nel mio studio, anche l'anteprima a Toronto è stata così, virtuale.  Al tempo stesso però fare debuttare su Netflix il film,  in contemporanea mondiale in 192 paesi, è qualcosa di incredibile. Soprattutto perché è un piccolo film che parla di un tabù incredibile. Ha un significato enorme tutto questo. Non potevamo chiedere di meglio di un'anteprima a Venezia un'uscita mondiale su Netflix».


Con la sceneggiatura di Kata Wéber il film, disponibile dal 7 gennaio su Netflix, ha come produttore esecutivo Martin Scorsese. 


(Servizio a cura di Eva Carducci)