Roma, è allarme rosso: «Può fallire in tre anni se non cambia il decreto»

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«Dal 2021 il bilancio di Roma inizierà a scricchiolare, poi ci sarà il crollo», dice a Il Messaggero Gianni Lemmetti, braccio destro della sindaca Virginia Raggi, nonché assessore al Bilancio del Campidoglio. «Se non ci sarà un intervento in parlamento al decreto Crescita e in particolare alla norma Salva Roma, lo Stato fra tre anni - continua ancora Lemmetti - dovrà sopportare il buco della gestione commissariale». Perché, è il sottinteso, il Campidoglio da solo non ce la farà più. «Questa è la riprova - conclude l'assessore al Bilancio della Capitale - di quanto l'iniziale norma proposta fosse sana». Lemmetti si augura che in sede di conversione del decreto, il Parlamento possa intervenire per sanare quanto accaduto due notti fa a Palazzo Chigi per via dell'imposizione della Lega. Il M5S è convinto di portare a casa il risultato, a costo di trovare maggioranze alternative. Ed è proprio il presidente della Camera Roberto Fico a spiegare: «Una manovra sul debito è auspicabile. Poi, se alcune questioni possono essere estese ad altri Comuni - dice il presidente della Camera - bene ma non mi sembra ci sia niente di strano ed atipico nell'aiutare Roma in modo corposo anche perché tanti Comuni hanno già avuto comunque degli aiuti». Fico apre così uno spazio di manovra sul provvedimento: «Il Parlamento chiaramente dibatterà di questi temi - conclude - è sovrano e deciderà che tipo di modifiche fare alle leggi che arrivano dal Governo». Ma perché in queste ore c'è così tanta preoccupazione in Campidoglio, come traspare dalle parole dell'assessore Lemmetti? Come ha ricostruito Andrea Bassi su Il Messaggero il Tesoro non si accollerà più, come previsto dalla prima versione del decreto crescita un pezzo dei vecchi debiti di Roma, i 12 miliardi spostati nel 2008 dal governo Berlusconi dal bilancio del Campidoglio ad un commissario straordinario. Premessa: i vecchi debiti della Capitale sono composti in buona parte da mutui della Cassa Depositi e Prestiti, da alcuni mutui con le banche e, infine, da un Boc, un Buono ordinario del Comune, una obbligazione da 1,4 miliardi di euro emessa dal Campidoglio nel 2003 e che scadrà nel 2048. Proprio questo Boc - «Colosseum bond», rischia di affossare il bilancio della Capitale se dovesse tornare ad essere conteggiato nei conti del Comune.