Roma: torna la Beata di Bernini, capolavoro di generosità

EMBED
Lo spettacolo “totale” di Gian Lorenzo Bernini va in scena. Il blocco unico di marmo di Carrara che splende lattiginoso, il corpo travolto dall’estasi che si percepisce sotto i virtuosismi delle pieghe dell’abito, il volto travolto dallo spasmo che svela dettagli espressivi prima indecifrabili. E ancora, le stuccature dorate che brillano di luce propria, il drappo scolpito nel diaspro che sembra vero, e i visi degli angeli, delicati e carichi di espressività. Una scenografia completa, in una perfetta armonia di scultura, pittura e architettura, quella che concepì il genio del Barocco nello strepitoso monumento funerario della Beata Ludovica Albertoni. Siamo nella cappella Sant’Anna a San Francesco a Ripa, dove il restauro, voluto dalla Soprintendenza di Roma in sinergia con il Fondo edifici di Culto, ha davvero riportato al suo splendore l’opera.

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E vale la pena riscoprirlo da oggi, in questo angolo tranquillo di Trastevere. Sei mesi di pulitura per “curare” un gioiello assoluto, concepito da un Bernini ormai anziano, 76enne (siamonel 1674),che arretra lo spazio della cappella per creare un effetto di profondità prospettica e apre due finestre laterali che alimentassero di luce l’opera (una oggi appare oscurata e il progetto allo studio è quello di una illuminazione ad hoc). Ad osservarla, vengono ibrividi. Un’opera ideata e conclusa in fretta e furia dal Bernini per il principe Angelo Paluzzi Altieri, con non poca fatica, e che incredibilmente non si fece pagare. «Aveva
 bisogno di ingraziarsi il papato per consentire il ritorno in Italia di suo fratello, esiliato dopo lo scandalo dello stupro di un giovanetto», spiega il funzionario storico dell’arte della soprintendenza Aldo Mastroianni.


LA SCOPERTA
Un’ipotesi, quella del mancato pagamento, che sarebbe suffragata anche dalle ultime scoperte fatte da Federica Di Napoli Rampolla negli archivi della famiglia Altieri, dove è stata trovata tutta la documentazione di questo lavoro, senza però nessuna fattura. La pulitura di marmi e stucchi (resta esclusa dal restauro la pala d’altare del Baciccio dedicata a Sant’Anna) ha fatto chiarezza sulla «modalità operativa del Bernini - racconta la soprintendente Daniela Porro - la cui prerogativa era il “non finito”, levigando al massimo le parti agettanti, in evidenza, e abbozzando quelle più concave, in ombra, in modo da accentuare l’effetto del chiaroscuro».

Lucentezza e opacità, splendore e grezzo, questi gli elementi vitali dell’opera del Bernini che il restauro ha decifrato (costo dell’intervento,39 mila euro). Le mani del Bernini vanno identificate sul marmo della Beata e su tutto il progetto complessivo. Non solo. L’ipotesi della restauratrice Elisabetta Zattiè che l’estro dello scultore sia identificabile «anche direttamente in uno dei puttini che volano sulla beata, il più vicino a lei da sinistra». Piazza San Francesco d’Assisi 88, lunedì-sabato 8.15-12.45 e 15-18, domenica 8.45-10.45-15-18.


di Laura Larcan