Galleria Borghese, in mostra Tiziano "segreto" tra ninfe, eros e amori

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servizio di Laura Larcan; video Davide Fracassi / Ag. Toiati 

La ninfa nelle sembianze di una fanciulla bellissima, nuda, adagiata su un fianco e di spalle, volge lo sguardo allo spettatore mentre mostra una mano intenta ad accarezzarsi, caricando la scena di un'intensità erotica quasi esplicita. Accanto, seduttore e sedotto a sua volta, il satiro che tiene l'accordo di un flauto, anch'esso carico di allusioni ai piaceri del corpo. Sullo sfondo, il caprone preso dalla bramosia di cibarsi di un tronco d'albero, ultimo brandello della fierezza della natura. Eccola la scena dell'opera "Ninfa e pastore", capolavoro sommo ed emozionante di Tiziano, datato al 1575 e considerata una delle ultimissime opere realizzate dall'ormai anziano grande pittore veneziano. Arriva in prestito da Vienna eccezionalmente per la mostra dossier organizzata dalla Galleria Borghese dal 14 giugno al 18 settembre che orchestra così un nuovo piccolo ma grande allestimento dedicato a Tiziano, curato da Maria Giovanna Sarti, che offre una panoramica sulla sua arte tra giovinezza e maturità estrema, dal Rinascimento più fastoso dell'Amore Sacro e Amor Profano, del 1514, fino alla Ninfa e Pastore sessant'anni dopo. Per l'occasione la direttrice Francesca Cappelletti ha portato fuori dai depositi "Le tre età dell'Uomo" del Sassoferrato, copia seicentesca dall'originale di Tiziano (oggi conservato a Edimburgo) che ben dialoga per significato e virtuosismi allegorici con la Ninfa di Vienna. L'infanzia dei due bimbi vegliati da Amore, la giovinezza degli amanti, e il vecchio che riflette sulla morte espressa dai teschi. E val la pena soffermarsi sull'altro capolavoro di Tiziano, "Venere che benda amore", reinterpretato grazie alle radiografie che hanno svelato fior di pentimenti e modifiche da parte di Tiziano. Non a caso, sotto il paesaggio delle montagne del Cadore il maestro aveva dipinto una ancella di Venere.