Al Colosseo la verità su Cartagine: l'archeologia al servizio del mito

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di Laura Larcan

Didone la regina, folle d'amore fino al suicidio per l'eroe virgiliano Enea scampato alla devastazione di Troia in fiamme. Annibale il generale, condottiero stratega, a cavallo degli elefanti, nemico incubo della Roma repubblicana. La storia di Cartagine è puntellata di personaggi avvolti dall'aura del mito. E se le fonti descrivono i cartaginesi come grandi navigatori e commercianti, creatori di nuove tecniche e pionieri di tante rotte nei mari allora conosciuti, l'archeologia offre ora le prove tangibili alla letteratura.

Ci pensa una mostra, Carthago. Il mito immortale, che si aprirà dal 27 settembre nei monumentali spazi del Colosseo e del Foro Romano, ad offrire un'indagine ravvicinata del mito. «Cartagine e Roma si confrontarono in un lungo percorso - commenta la direttrice del parco e curatrice Alfonsina Russo - contrassegnato all'inizio da reciproca indifferenza, poi da accordi e concorrenza, e infine da una lotta senza esclusione di colpi. Ma sarà Roma vincitrice quella che racconterà tutto questo percorso, dalla sua prospettiva e secondo la sua mentalità. Noi vogliamo ricostruire per la prima volta la complessità di questa civiltà». Un'impresa che passa soprattutto per la qualità dei reperti selezionati.

I MERCENARI
Oltre quattrocento, giunti dai principali musei italiani, da Spagna, Malta, Libano, Germania, ma soprattutto dalla Tunisia, e in particolare dal grandioso museo del Bardo di Tunisi. Come la corazza in bronzo dorato del III secolo a.C. con raffinate decorazioni a rilievo dove spicca potente il volto della dea guerriera. Un reperto che documenta la figura storica del mercenario al servizio dell'esercito cartaginese. Il percorso svela altri reperti straordinari, come i rostri delle navi e gli elmi dei guerrieri rinvenuti nei relitti antichi scoperti in fondo al mare, al largo di Capo Grosso di Levanzo, recuperati dalla tenacia e dall'intuito appassionato dell'archeologo subacqueo Sebastiano Tusa (scomparso tragicamente nel disastro aereo in Africa).

LA BATTAGLIA DELLE EGADI
Opere che offrono oggi la verità sulla Battaglia delle Egadi, retroscena di quel 10 marzo del 241 a.C. che sancì la vittoria della flotta romana contro i cartaginesi di Amilcare (padre di Annibale), concludendo la prima guerra punica. Una battaglia che cambiò il corso della storia: la Sicilia fu abbandonata dai cartaginesi e divenne romana. Da quel momento Roma fu potenza navale. I reperti consentono di ricostruire virtualmente anche le navi da guerra cartaginesi: slanciate e snelle, lunghe oltre trenta metri, con decine di remi su ciascuna fiancata, con la carena in legno ricoperta da lamine di piombo. La mostra offre testimonianze che affondano le radici persino nell'origine di colonia fenicia di Cartagine.

L'ALFABETO
Come il cippo bilingue, quello che gli archeologi definiscono la Stele di Rosetta fenicia, che vede inciso un testo sacro a confronto fenicio e greco, in una dedica al dio Melqart/Eracle. Testo che ha consentito di decifrare la lingua. Prestito eccezionale dal Museo nazionale archeologico de La Valletta. Tra le invenzioni attribuite ai fenici dalle fonti letterarie antiche, la più nota è proprio l'alfabeto, un sistema di consonanti che i cartaginesi adottarono con alcune varianti. Il racconto di Cartagine, insomma, attraversa sette secoli di esistenza, dalla fondazione, probabilmente alla fine del IX sec. a.C., alla distruzione nel 146 a.C. passando per il controllo del Nord Africa, l'alleanza con gli Etruschi ad Alalia (l'attuale Corsica) contro i Focei, che ne sancisce per Cartagine il ruolo di grande potenza mediterranea. Fino alla difficile convivenza con i greci in Sicilia. E Roma. «La ricerca archeologica - conclude Russo - mette in luce relazioni molto più articolate tra le due metropoli, caratterizzate anche da momenti di dialogo e da relazioni commerciali di particolare rilievo». I reperti in mostra ne sono la prova.

video Paolo Caprioli/Ag.Toiati